Forza Italia divisa tra patti disattesi sgarbi elettorali e correnti regionali

Sandra Savino: Cecotti non può parlare, non è neppure iscritto La replica: gli assessori dovevano lasciare il posto in consiglio
Foto Bruni Trieste 03.05.2019 Sandra Savino e Polverini- Forza Italia
Foto Bruni Trieste 03.05.2019 Sandra Savino e Polverini- Forza Italia

Alessandro Cesare

Non arretra di un passo Stefano Cecotti. Mette nel mirino l’operato dell’amministrazione Fontanini, e lo fa parlando da coordinatore cittadino di Forza Italia. «Sono in carica dal 2015. Non mi risulta ci sia stato un altro congresso», sostiene. Ma la coordinatrice regionale dei forzisti, Sandra Savino, è di un altro avviso: «Per esprimersi a nome di Fi bisogna essere iscritti al partito. Cecotti non lo è, quindi parla a titolo personale, spacciandosi per coordinatore cittadino».

Un caos che fa venire a galla le contraddizioni di un movimento che a Udine, dopo l’uscita di scena di Massimo Blasoni, pare aver perso la bussola. Le fazioni non mancano, e tra chi si schiera dalla parte del vicepresidente della giunta regionale Riccardo Riccardi, e chi parteggia per il presidente del Consiglio regionale Piero Mauro Zanin, le provocazioni sono all’ordine del giorno. Ecco perché c’è chi vede nella presa di posizione di Cecotti (rimasto in silenzio negli ultimi due anni) una ripicca dell’area che si rifà a Zanin per la mancata nomina alla presidenza de La Quiete di Ferruccio Anzit, scavalcato all’ultimo da Alberto Bertossi, nome sostenuto dalla corrente riccardiana, che tra i suoi esponenti ha Giovanni Barillari.

«La lettera contro l’operato dell’amministrazione non mi sembra tutta farina del sacco del giovane Cecotti», puntualizza Barillari, che ricorda l’imprevedibilità dei forzisti udinesi: «In occasione delle comunali del 2018, una parte di Fi, non ricordo bene chi, raccolse firme per Enrico Bertossi sindaco, e non fu facile ribaltare, nel poco tempo utile rimasto, la situazione a favore di Fontanini».

Ma c’è dell’altro. La frattura all’interno del movimento, resa evidente da Cecotti, ha finito per far venire a galla pure il patto che gli eletti di Fi a palazzo D’Aronco hanno siglato nel caso di nomina ad assessori, impegnandosi a dimettersi da consiglieri per lasciare spazio ai primi dei non eletti (Vincenzo Tanzi e, guarda caso, Stefano Cecotti). «Il patto esisteva ma non è stato rispettato» conferma il coordinatore provinciale Anzit. Anche l’assessore Fabrizio Cigolot ammette l’esistenza dell’accordo sulle dimissioni: «C’era la mia disponibilità, poi la situazione politica ha preso altri sviluppi». Tranciante Barillari: «Difficile ipotizzare le dimissioni da consigliere in assenza di una struttura del partito radicata e organizzata a livello comunale».

Il gruppo consigliare di Fi ha preso le distanze da Cecotti, ribadendo il proprio sostegno al sindaco Pietro Fontanini (che ha apprezzato), ma questo non è servito: «La mia posizione è frutto di un malcontento che si avverte in città per l’azione politica della maggioranza. Si ha l’impressione che alla squadra di Fontanini manchi una visione. Ho voluto smuovere le acque e riportare l’attenzione su alcuni temi», conclude. —

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