Fil man made, nuovi scenari In Fvg le produzioni all’estero

MANIAGO. L’industria tessile Fil man made group punta a riportare in regione una parte della produzione che oggi realizza all’estero. In Friuli, l’azienda ha due stabilimenti: la Techfil di Maniago, con 44 dipendenti, e la Tirso a Stramare di Muggia, che dà lavoro a 200 maestranze. Ad annunciare i nuovi progetti è stato l’amministratore delegato Andrea Parodi, durante una visita al sito di Muggia da parte della presidente della Regione, Debora Serracchiani. Quest’ultima ha illustrato alla proprietà le opportunità e i vantaggi di incrementare l’attività industriale in Friuli. Parodi ha manifestato interesse per gli strumenti finanziari messi a disposizione del tessuto produttivo d+alla Regione, per favorire l’attrattività industriale del territorio.
Fil Man Made, che è nata a Trieste nel 1972 ed è attiva nella produzione di tessuti speciali e altamente performanti per l’abbigliamento e l’arredamento, oggi impiega 750 dipendenti in tutto il mondo, 300 dei quali in Italia. Dal 2016, però, deve muoversi entro i vincoli dell’articolo 67 della legge fallimentare, dopo che ha subito i contraccolpi della crisi delle banche venete. Nel corso dell’incontro con Serracchiani, l’amministratore delegato si è detto disponibile a una rilocalizzazione in regione di parte della produzione industriale del Gruppo che si svolge fuori Italia, precisando anche che le attività estere sono dirette ai mercati del posto e non all’importazione a livello nazionale. Oltre che in regione, Fil man made è operativa pure nello stabilimento di Trevignano, in provincia di Treviso. Ha anche siti produttivi in Portogallo, Cina (Shangai) e Turchia. Nel 2013 ha acquisito l’austriaca Borckenstein, impresa di riferimento per il mercato europeo dell’abbigliamento e leader nella produzione di filati speciali Trevira, che era anche la principale concorrente di Fil man made.
L’azienda guidata da Parodi, che ha per l’80 per cento clienti esteri, è una delle poche rimaste in Italia nel settore tessile e ha resistito nel tempo grazie alla scelta lungimirante di abbandonare l’opzione integrale sul cotone, per puntare sui filati sintetici di alta tecnologia e dalla grande capacità protettiva. Il fatturato è di 120 milioni, a fronte di un indebitamento di 36 milioni e un margine operativo lordo superiore al 10 per cento del fatturato. Le difficoltà non sono mancate: lo stabilimento di Maniago ha pagato a duro prezzo le conseguenze della crisi economica. L’organico ha infatti subito un pesante ridimensionamento: nel 2012 le maestranze erano 175, di cui più della metà donne peraltro la gran parte residente in Pedemontana. Nel 2013, quando la produzione è passata in capo alla new company Techfil, i dipendenti erano 157: la newco ha però garantito lavoro solamente a una quarantina di loro. Nello stabilimento della città del coltello è rimasto un unico reparto produttivo, che opera a ciclo continuo, ossia la ritorcitura. Oltre a questo c’è il magazzino.
Il sito maniaghese è molto ampio e non viene utilizzato interamente, tant’è che la scorsa estate sulla recinzione della fabbrica era comparsa la scritta “Vendesi” . La proprietà aveva pensato di puntare alla vendita di quella porzione di stabilimento che non viene utilizzata da cinque anni, dal momento che nell’area in cui sorge il sito potrebbero convivere tranquillamente due realtà industriali.
L’annuncio di Parodi è stato accolto positivamente in regione, ma soprattutto nel Maniaghese: l’auspicio in primis di lavoratori e sindacati è che le progettualità possano interessare anche la fabbrica in cui trova spazio la Techfil.
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