Fiere, stipendi d’oro. È bufera su Piccinetti per i benefit romani

La sua difesa: «Compensi in linea con le responsabilità». E tra i risultati rivendica anche quelli ottenuti a Pordenone

È bufera sullo stipendio e sui benefit di Pietro Piccinetti dopo la nomina a direttore generale (carica a tempo indeterminato) della Fiera di Roma. La parte fissa risulta «pari a 180 mila euro». In aggiunta ci sono l’uso dell’auto (un’Audi) della società, il cellulare e le relative bollette, un fondo spese di rappresentanza di 12 mila euro l’anno. È anche prevista una parte variabile commisurata ai risultati. Ma chi è che valuta i risultati?

L’amministratore unico, ovvero lo stesso Piccinetti che ricopre anche questo ruolo? A fargli i conti in tasca è stato Dagospia, bollettino di informazione web curato da Roberto D’Agostino. I dati presi in esame sono contenuti nel verbale firmato il 2 agosto scorso dal presidente di Investimenti spa (appartenente per il 53,5 per cento alla Camera di commercio, per il 21,8 a Roma capitale e per il 20 alla Regione Lazio), socio unico di Fiera di Roma, Luca Voglino. Gli obiettivi che Piccinetti si pone non sono da poco: risollevare la nuova Fiera dal mare di debiti in cui si trova (circa 200 milioni soltanto con Unicredit che ha finanziato la costruzione) e superare la sfiducia del Comune di Roma che vorrebbe liberarsi delle proprie quote, non dimenticando anche i problemi creati dalla scelta di realizzare la struttura su un terreno «così acquitrinoso da essere preso in seria considerazione per ospitare le gare di canottaggio alle Olimpiadi».

Il manager ha spostato la sua attività nella capitale, ma, come appare nell’elenco degli organi pubblicato sul sito del Comune di Pordenone, risulta sempre avere un ruolo, anche se minore rispetto al passato, a Pordenone Fiere spa. Ne è infatti consigliere delegato, a decorrere dal 27 gennaio scorso e sino all’approvazione del bilancio al 31 dicembre 2017, con un compenso annuo lordo di 30 mila euro. A giugno, quello che viene definito da Dagospia «imprenditore milanese vicino ai vertici del Fli, il partito di Gianfranco Fini», è stato anche eletto presidente per il 2018-2019 della Cefa (Central European fair alliance), l’associazione fieristica europea.

La replica di Piccinetti a Dagospia non si è fatta attendere. «Quello che è vero – sottolinea – è che ho obiettivi per niente “piccini”, vedi rilanciare la Fiera di Roma da 10 anni in un vortice di perdite che la stava inabissando, ma non sono né milanese né imprenditore. Sono infatti romano e nella vita faccio il manager da 35 anni con esperienze all’estero e in Italia e da 18 anni mi occupo di Fiere». E rivendica «con orgoglio» anche i risultati raggiunti a Pordenone: «Ho rilevato una situazione difficile e nel 2016, dopo 4 anni di mia gestione, ho chiuso in utile (più 215.666 euro), facendo di quella di Pordenone “una delle fiere virtuose d’Italia”. In questi anni a Pordenone ho ideato e organizzato, assieme ai miei validi collaboratori, quattro manifestazioni internazionali, grazie alle quali sono stati ottenuti finanziamenti dal Mise. A dicembre sarà lanciata la mia ultima creatura, Rive - Rassegna internazionale di viticoltura ed enologia».

In merito alla sua esperienza nella capitale, ha affermato che «lo scorso luglio è stato omologato con successo il concordato che gravava sulla struttura, in meno di un anno e mezzo ho progettato e messo in calendario 12 nuove manifestazioni fieristiche, ottenuto un risparmio di costi di circa un milione di euro. Come da piano industriale raggiungeremo il pareggio di bilancio nel 2018». Per quanto riguarda il suo stipendio, ha messo in evidenza che è vero che è stato aumentato, ma «è stato portato a una cifra del tutto in linea con le pesanti responsabilità che il ruolo comporta (sono l’unico dirigente della struttura e il solo con potere di firma)».

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