Fidanzati uccisi, Maria Rosaria pronta a patteggiare 10 mesi

Ex compagna di Giosuè, è accusata di favoreggiamento e false dichiarazioni Le parti civili non avranno voce in capitolo. La mamma di Teresa: «Troppo poco»



È pronta a patteggiare per favoreggiamento e false attestazioni ai pm Mariarosaria Patrone, 27 anni, avvocato, ex fidanzata di Giosuè Ruotolo, 29 anni, condannato all’ergastolo in primo e secondo grado per l’omicidio del commilitone Trifone Ragone e della sua compagna Teresa Costanza.

La pena

La Procura ha atteso la sentenza della Corte d’assise d’appello di Trieste, il 1º marzo scorso, prima di prestare il consenso a un patteggiamento nel corso delle indagini preliminari. La pena concordata, con il beneficio della sospensione condizionale, è di 10 mesi di reclusione, in quanto il favoreggiamento non ha inciso nell’esecuzione dell’omicidio ma secondo l’accusa è intervenuto in una fase successiva. La data dell’udienza dal gip è stata fissata per lunedì 17 giugno.

Le accuse

La Procura ha contestato alla giovane di Somma Vesuviana di aver aiutato Ruotolo a eludere le indagini, cancellando dal cellulare scambi di messaggi con il fidanzato e cercando di persuadere le sue amiche campane a non parlare con i carabinieri del profilo Facebook anonimo dal quale sono stati inviati i messaggi molesti a Teresa Costanza. Il pm ha ipotizzato che la giovane campana abbia reso dichiarazioni false o reticenti su circostanze rilevanti ai fini dell’indagine. In particolare la Procura ha ricordato che la giovane aveva negato attriti fra Trifone e Giosuè e asserito che fra i due c’era un buon rapporto e aveva taciuto dell’esistenza del profilo Facebook.

La difesa

«Vogliamo l’oblio, cerchiamo di lasciare stare questa ragazza, perché ha già sofferto abbastanza – ha osservato l’avvocato Costantino Catapano, che assiste di fiducia Mariarosaria –. La mia assistita non ha ammesso mai alcuna responsabilità in ordine a un presunto depistaggio delle indagini, non hanno nulla a che vedere con questo le cancellazioni, ha commesso solo una leggerezza, un unico errore: quello di voler tutelare l’allora fidanzato non certamente da un’accusa di omicidio ma dal peculato militare, perché per inviare i messaggi via Facebook aveva usato il wi-fi della caserma. Per non fargli perdere il futuro posto nella Guardia di finanza la mia assistita ha chiesto così alle sue amiche del cuore di non parlare agli inquirenti del profilo Facebook e per questa ragione non ne ha fatto parola con i pm».

non ci sono parti civili

I familiari di Teresa Costanza, tramite i loro legali, hanno seguito la vicenda, ma non hanno potuto costituirsi parte civile o opporsi. In base agli orientamenti espressi dalla Cassazione la persona offesa, in presenza di reati contro l’amministrazione della giustizia, è l’autorità giudiziaria. Una pronuncia della suprema corte del 2008 ha affermato che manca la titolarità di un diritto soggettivo o di un interesse legittimo al regolare andamento dell’amministrazione della giustizia, che costituisce il bene protetto dalla norma.

Le reazioni

«Dieci mesi sono pochi, mi aspettavo una pena più alta. Lascia l’amaro in bocca. Così non si farà nemmeno un giorno di carcere». Non ha nascosto la sua delusione Carmelina Parello, mamma di Teresa Costanza.

«È giusto ricordare che Mariarosaria Patrone – ha sottolineato Carmelina – ha depistato le indagini, non ha mai collaborato e non ha testimoniato al processo di primo grado, avvalendosi della facoltà di non rispondere. Si tratta di cose gravi, due ragazzi innocenti sono morti».

La mamma di Teresa ha osservato come la normativa che esclude i familiari dalla costituzione di parte civile dovrebbe essere rivista. «Secondo me – ha aggiunto – a una persona che patteggia per favoreggiamento, di fatto ammettendo le sue responsabilità, non dovrebbe essere consentito l’esercizio della professione forense. Penso che dovrebbero radiarla dall’albo degli avvocati».

Il dolore dei familiari, quattro anni dopo l’omicidio dei loro ragazzi, non si è placato. Neanche le due sentenze di condanna di Ruotolo hanno alleviato la pena dei genitori. «I nostri figli non tornano – ha sussurrato Carmelina –.Le sentenze di condanna non cambiano la nostra situazione, ma almeno ora sappiamo cosa è successo e che il colpevole è in carcere. L’unico sollievo è che non sia più in giro a fare del male agli altri». —



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