Nel 2017 il tribunale di Udine ha emesso 61 sentenze di fallimento nei confronti di altrettante aziende con sede e stabilimenti in provincia. Un dato sorprendentemente positivo, se paragonato con i disastrosi consuntivi del recente passato, e che riporta la mortalità dell’imprenditoria friulana ai livelli di dieci e più anni fa. Quando la crisi, quella che ha messo in ginocchio l’economia mondiale, non aveva ancora cominciato a mietere vittime anche sul nostro territorio. Ma se è vero che il peggio è finalmente alle spalle, altrettanto non può dirsi degli effetti lasciati sul campo: quasi mille imprese chiuse in undici anni, ossia all’incirca una ogni quattro giorni. Come dire, insomma, che pensare di raschiare oltre il barile risulta francamente difficile.
I dati
Il ritmo dei fallimenti, dunque, ha segnato il passo. Prova ne sia il confronto delle istanze presentate nell’ultimo trennio: 268 nel 2015, 195 nel 2016 e 152 nel 2017. Per un totale, rispettivamente, di 118, 96 e, appunto, 61 dichiarazioni di default. Simile il trend dei concordati preventivi, ossia degli accordi “salvagente” per una soddisfazione anche parziale delle pretese creditorie, che sono scesi dai 21 di tre anni fa, ai 18 del 2016, ai 14 dell’anno scorso. In aumento, invece, gli accertamenti dello stato d’insolvenza con conseguente liquidazione coatta della cooperativa, che è una procedura di natura amministrativa: 8 nel 2015, 14 nel 2016 e 17 nel 2017. Numeri non certo sufficienti a spazzare via le nubi dal sistema produttivo friulano - basti pensare alle difficoltà dei tanti lavoratori rimasti senza occupazione -, ma lontani dai picchi cui ci si era abituati (107 fallimenti nel 2009, 102 nel 2010, 109 nel 2011, 108 nel 2012, 131 nel 2013 e 102 nel 2014).
Le chiusure
Passato lo tsunami che ha falcidiato il settore del mobile (e il triangolo della sedia in particolare), ora la crisi bussa alle porte più disparate. E così, a vedersi costretti a portare i libri in tribunale, l’anno scorso, sono stati non soltanto titolari di aziende di costruzione, impiantistica e arredamento, ma anche panettieri, autotrasportatori, impresari nei settori dei rifiuti, dell’informatica, dell’import-export e dell’alimentare. Hanno alzato bandiera bianca anche una farmacia ad Aiello, due supermercati a Udine e Cervignano, e, sempre nel capoluogo friulano, una discoteca e una società per la gestione di hotel. Tra i casi più discussi, quello di Fantasy Way srl di Cervignano, l’editrice di Radio Fantasy, (le frequenze sono state rilevate all’asta a novembre da Rtl 102.5), e del Consorzio artigiano e piccole imprese di Cividale, con lo sfortunato piano d’espansione imprenditoriale alle porte della città. Nell’elenco delle società fallite anche il nome della Monachella srl, proprietaria dell’immobile della Taverna, il ristorante stellato di Colloredo di Monte Albano.
La sentenza risale ad aprile, quando il locale era già passato alla Ihmo, società a sua volta riconducibile a Piero Galliano Zanini, con contratto d’affitto di dodici anni. Il fallimento non ha inciso sull’attività, che è proseguita con la stessa gestione e che ora tenterà l’acquisto all’asta dell’immobile.
Il presidente dei commercialisti
«I segnali della ripresa ci sono, ma i consumi vanno ancora al rallentatore e a crescere sono i risparmi». È su questo sfondo che Alberto Maria Camilotti, presidente dell’Ordine dei commercialisti, colloca il dato cautamente ottimistico sul calo dei fallimenti. «Siamo arrivati alla fine e chi doveva fallire è fallito – osserva –. A questo punto, se qualcosa continua a stare in piedi è perchè i creditori, banche comprese, preferiscono accontentarsi di quel poco che è ancora possibile recuperare, oppure perchè ci si sposta su procedure concordatarie in grado di prolungare l’attività dell’impresa». All’orizzonte, poi, c’è la riforma del settore. «L’attesa è tanta – conferma –. Saranno introdotti meccanismi d’allerta per impedire alle crisi aziendali di diventare irreversibili. E non si parlerà più di fallimento, bensì di liquidazione giudiziale».