Export, la ricetta di Tonon

Si divide esattamente a metà tra il suo ruolo istituzionale, presidente di Confindustria Udine (il più giovane d’Italia) e quello di imprenditore, capo azienda (affiancato dal padre) dell’attività di famiglia. «Ma quando certi pomeriggi arrivo a palazzo Torriani - dice Matteo Tonon - significa che sto cominciando la mia seconda giornata, dopo aver trascorso le ore precedenti in ufficio a Manzano.
E spesso, con i collaboratori, rimaniamo qua fino a tarda sera, le luci accese nei saloni si vedono dalla strada. E’ un impegno, ma si fa con dedizione».
Presidente e imprenditore. Un doppio ruolo, quello di Tonon, che lo gratifica e lo carica di responsabilità. In più di due anni da numero uno degli industriali friulani, non ha mai voluto parlare della sua azienda, quasi avesse un senso di pudore, una ritrosia tutta friulana. Stavolta, dopo qualche insistenza, rompe il ghiaccio.
«Siamo arrivati alla quarta generazione - spiega -. La Tonon è stata fondata a Manzano nel 1926 da mio bisnonno Alberto. All’epoca la zona aveva vantaggi fiscali per le ditte che si insediavano e qui c’era già la tradizione dei tappezzieri e delle impagliatrici. Il triangolo della sedia è nato un po’ così». Già alla fine degli anni Venti la Tonon realizza il primo catalogo, una rarità per quei tempi, conservato ancora oggi quasi come una reliquia.
«Abbiamo lavorato per molto tempo per l’austriaca Thonet - aggiunge il presidente - che era un’icona dell’epoca. Poi venne l’industrializzazione degli anni Cinquanta, con il forte aumento delle capacità produttive. Non venne mai meno, però, il piacere del pensare e del fare.
L’oggi si basa sulla ricerca e sulla sperimentazione, su fattori culturali e di marketing, suoi nuovi materiali e sulle tecnologie. Con cuore artigiano e mente imprenditoriale. Negli anni Ottanta abbiamo messo la testa fuori dai confini italiani, prima in Germania e poi negli Stati Uniti».
Attualmente Tonon è uno dei marchi internazionali più affermati nel settore delle sedie e dei tavoli, sicuro sinonimo di “made in Italy”, di design, di qualità, presente nei cinque continenti.
Una sessantina i dipendenti, 9,6 milioni di fatturato nel 2014 risultati che si proiettano nel 2015, in cui l’azienda raggiungerà i 10 milioni. «Il 95 per cento del fatturato - puntualizza orgoglioso Matteo Tonon - è prodotto all’estero, il 45 per cento fuori dall’Europa. Con il 2015 noi torneremo più o meno ai volumi di prima della crisi. Per riuscirci abbiamo lavorato tanto, rivisto strategie, investito in promozione.
Nel contempo non abbiamo mai disperso il know how, il personale è rimasto lo stesso, così come i collaboratori, i designer. L’innovazione nasce dal legno, ovviamente, ma poi studiamo altri settori, come l’aeronautico, l’automobilistico, il navale.
Rappresentiamo la sperimentazione di una piccola azienda che guarda al mondo globale». Matteo Tonon è entrato nel business familiare agli inizi del Duemila dopo gli studi universitari di Economia internazionale. «Il mio primo incarico fu in affiancamento al direttore commerciale di allora - racconta -. Oggi, vice presidente e ad del Gruppo di famiglia, mi occupo ancora di commerciale e giro un bel po’ nel mondo per affari, contatti, relazioni. Mio padre Sandro è presidente, attivissimo come sempre».
Dalla Tonon di Manzano al mondo industriale del Friuli il passo è meno lungo di quanto sembri. E il presidente degli imprenditori snocciola qualche cifra, fotografando il momento.
«Ci saranno riflessi sull’economia dopo gli attentati a Parigi? Non abbiamo elementi per dirlo - osserva - è ancora il momento del lutto e della preoccupazione.
Però siamo di fronte a un contesto internazionale che può aprire scenari non conosciuti, l’evoluzione è incerta. Se discutiamo del “prima” degli attentati, possiamo dire che c’era una positiva risalita dell’economia di casa nostra, anche nei settori tradizionali e maturi, come la meccanica di base e il legno arredo, mentre per l’edilizia notiamo qualche residua tensione.
L’industria locale è stata brava, ha saputo cambiare strategie, puntando sull’export. Bene le misure del governo come il Jobs Act, l’occupazione, anche se timidamente, cresce. Dall’altra parte il mercato interno stenta a ripartire, l’aumento dei consumi è debole. Infine le misure di Draghi, come il quantitative easing, il buon rapporto di cambio tra euro e dollaro e il costo dell’energia più basso, sono stati elementi fondamentali per la ripartenza. Fino a Parigi, poi vedremo».
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