Ex dirigente della Mangiarotti sotto accusa

SEDEGLIANO. Da direttore delle risorse umane con tanto di benefit alla Mangiarotti Spa a dipendente decaduto e imputato di appropriazione indebita per la quale la Procura di Udine ha chiesto 8 mesi di reclusione e l’azienda pretende 35 mila euro di risarcimento.
Questa la posizione di Luca Salvatore Domizio Palumbo, manager milanese di 58 anni.
Fu assunto nell’estate del 2013 dalla società per azioni Mangiarotti che ha sede a Pannellia di Sedegliano. Con l’assunzione, Palumbo ebbe anche in dotazione un’Audi Q3, un appartamento a Monfalcone, la tessera carburanti, una carta di credito della Deutsche Bank, un computer portatile e un blackberry, oltre ai badge di accesso e di timbratura.
Il 13 novembre 2013, a sei mesi dalla firma del contratto di assunzione, gli venne comunicato che, per decisione del cda, non aveva superato il periodo di prova, di conseguenza la sua posizione si considerava decaduta. Ma, nonostante i numerosi solleciti da parte dei vertici aziendali, Palumbo trattenne i benefit aziendali. E lo fece fino a quando l’azienda se li riprese manu militari, ricorrendo a un sequestro disposto dalla Procura che fu la Guardia di Finanza a eseguire nel gennaio 2014.
Questo stando alla tesi accusatoria del pubblico ministero Andrea Gondolo che ieri, durante l’udienza in tribunale dinanzi al giudice monocratico Roberto Pecile, ha chiesto la condanna di Palumbo - accusato di appropriazione indebita ai danni della società – a otto mesi di reclusione e 800 euro di multa. Una ricostruzione condivisa dalla parte civile, rappresentata dall’avvocato Stefano Comand, che nella sua arringa ha ripercorso i punti salienti di una vicenda processuale che ha richiesto otto udienze, una lunga lista di testi e che si è trascinata per quattro anni. «Eppure – ha eccepito Comand – si tratta di una vicenda lineare. Per ben cinque volte fu chiesta a Palumbo la restituzione dei beni. L’impressone è che l’imputato volesse farsi giustizia per il mancato superamento della prova ricorrendo a metodi illeciti».
Di ben altro tenore la vulgata fornita dal professor Oliviero Mazza, legale di Palumbo. «Il mio assistito aveva sollevato eccezioni sulla gestione degli appalti nell’azienda ed è in conseguenza di questi fatti che il cda si espresse per il mancato superamento della prova». Cda che, per l’avvocato Mazza, non aveva titolo di decretarne la decadenza poichè Palumbo era stato assunto dall’Ad Paolo Di Salvio, l’unico, a suo dire, che aveva titolo a revocarlo e che invece gli chiese di restare. Per questo Palumbo ha trattenuto i benefit: non l’appartamento, poichè le utenze erano disattivate, non l’auto poichè era in riparazione, nè le carte ormai bloccate, ma solo badge, telefono e computer. Così l’avvocato Mazza ha motivato la richiesta di assoluzione di Palumbo “perché il fatto non sussiste”. La sentenza il 5 maggio.
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