Estetica e meccanica: il mix vincente degli orologi di lusso prodotti da Marco Brisotto

Pordenonese, 25 anni, ha fondato la “Portus Naonis Watches”: «Ho ereditato la manualità da mio nonno Paolo, che era un fabbro» 

Marco Brisotto, pordenonese, ha appena 25 anni. Divide la sua vita tra l’università – studia Economia – e quella incontenibile passione per tutto ciò che è meccanico. E che, partendo dall’interesse per le auto, lo ha portato a produrre orologi di lusso. E a fondare la «Portus Naonis Watches» di cui oggi è amministratore delegato.

L’avventura è nata due anni fa, anche se da almeno sette il desiderio di costruirsi un orologio lo ha accompagnato durante ogni minuto di tempo libero. Marco, infatti, è uno che ama farsi le cose da solo. Adora l’originalità. «L’avere qualcosa di esclusivo». Persino le magliette per l’estate, confida, le disegna lui e poi le fa stampare. E quella voglia di usare le mani per realizzare sempre qualcosa di particolare dice di averla ereditata da nonno Paolo, classe 1906, fabbro pluripremiato per la sua maestria col ferro battuto. «Fin da piccolo ho trascorso molto tempo in officina con lui. La sua filosofia era: se vuoi qualcosa di unico non acquistarlo, ma costruiscilo da te».

Una convinzione che Marco, crescendo, ha fatto propria. L’ha unita ad una caparbietà che non lo ha mai fermato davanti a difficoltà e ostacoli. Fin dai tempi del liceo – ha frequentato lo scientifico – è cresciuta in lui la passione per le automobili. «Sono sempre stato attratto dalla meccanica e dall’estetica, due caratteristiche che le auto hanno in comune con gli orologi».

Così, rimirando tra le mani quello Zenit Stellina anni 50 ricevuto in dono dal nonno – «Ancora oggi perfettamente funzionante» –, ha avuto l’illuminazione. «Perché non costruirmi un orologio? ». Da zero, ovviamente. «Volevo prima di tutto farmi un’idea di quale fosse la realtà italiana in questo settore». Così Marco ha iniziato quello che definisce «un lungo percorso di ricerca».

Navigando in Internet e tra le pagine Facebook che riuniscono gli appassionati di orologi di tutto il mondo. E pure macinando chilometri su chilometri in giro per l’Italia. Da Padova a Vicenza, da Milano a Torino. Fino a Napoli. Alla ricerca di mani artigiane che potessero dar forma al suo sogno. «Ogni settimana, non appena finite le lezione all’università, salivo in auto per andare a conoscere di persona quelli che oggi sono i miei fornitori». Con un pallino. «Il mio orologio, dalle lancette alla fibbia, avrebbe dovuto essere completamente made in Italy». Un peregrinare non facile, ammette, per uno come lui attentissimo ai particolari. «La componentistica spesso è importata dalla Cina e il solo fatto di assemblare le parti in azienda fa sì che si possa dire che il prodotto è nato in Italia». Un percorso «proposto», ma che non convince affatto Marco. Così lui il suo orologio – assolutamente meccanico automatico – prima lo immagina, poi lo disegna. Buttando giù lo schizzo – «A mano, con la matita» – su un foglio. Quello che poi il trentenne trevigiano Simone Cigaina trasforma in un progetto 3D. Conosciuto grazie ad un amico comune, oggi è uno dei soci della start up. «Lavoriamo in sincronia. Lui si occupa di prototipazione e tecnica di produzione». Col tempo «la causa è stata sposata» anche dai pordenonesi Alessandro Prosdocimo – imprenditore amico di famiglia che supporta il progetto dal punto di vista commerciale e strategico –, e Alberto Sandrin che tramite il suo studio fornisce consulenza fiscale e amministrativa.

Col progetto in mano – che comprende pure i disegni di ogni singolo pezzo, dalla ghiera alle lancette, dalla cassa al cinturino e alla parte meccanica – Marco si è fatto intendere dai fornitori. «Hanno capito che facevo sul serio». E che non si sarebbe accontentato di un orologio standard. Così nel 2017, nonostante gli alti costi di avvio della «filiera», è iniziata la produzione vera e propria degli esclusivi Portus Naonis Watches. Il tutto accompagnato, ammette sorridendo, da un pizzico di comprensibile scetticismo da parte della famiglia che però non lo ha mai osteggiato. «I miei genitori mi hanno fatto capire che bisogna sempre agire con i piedi ben piantati a terra».

Così, forte dei «fondamentali» di famiglia, lo studente imprenditore non lascia nulla al caso. Oltre alla nascita di ogni singolo pezzo, segue passo dopo passo anche l’assemblaggio. E solo dopo una instancabile ricerca questa fase è stata affidata ad un esperto orologiaio di Trieste, Luca Perhauz. I primi cinque esemplari usciti dalla bottega Marco li ha tenuti per sé. Il primo lo rigira orgogliosamente tra le mani, mentre mi racconta i dettagli di come è nato. La successiva produzione – venti, tutti numerati – è quella destinata alla vendita vera e propria. Un successo. Alcuni orologi sono finiti persino in Corea e negli Stati Uniti. Grazie anche al sito dell’azienda. Una vetrina che arriva in tutto il mondo e che i «segugi» del buon gusto e dell’originalità non faticano certo a trovare. Attratti pure dalle inconfondibili finiture estetiche – dalla sabbiatura alla satinatura e persino la particolare lucidatura degli spigoli della ghiera a 12 facce –, frutto anch’esse dell’ingegno e dell’inventiva del giovane. E di quel desiderio «di fare sempre e solo le cose per bene». Dall’inizio alla fine. Ecco perché i suoi orologi – per donna e per uomo, si possono trovare in vendita in alcuni negozi di Milano Brera, Porto Cervo e ovviamente a Pordenone, mentre a breve saranno anche nelle vetrine di Cortina – sono presentati in una scatola di legno massello insieme ad un coltellino che Marco si fa appositamente realizzare dal Consorzio Coltellinai di Maniago. Un legame con le proprie radici e la propria terra, confermato dal nome scelto per l’azienda: Portus Naonis è infatti l’antico nome di Pordenone. Caratteristica che accomuna anche il marchio di fabbrica delle sue creature: «Una questione di cuore». Si trova sul fondello degli orologi. Rappresenta Efesto, il dio greco del fuoco. Marco lo ha riprodotto tale e quale a un disegno realizzato da nonno Paolo, ritrovato per caso nel suo studio, luogo dove spesso il ragazzo si intrufola per trarre ispirazione. «Era in un cassetto. Mi sono perso a rimirare la precisione con cui l’aveva riprodotto. A mano, senza alterarne le proporzioni».

È l’immagine che il nonno aveva scelto per l’insegna della sua bottega. Lui che sempre amava ripetere a Marco: «Mi raccomando: porta avanti il nome della famiglia». Che è in fondo ciò che il ragazzo sta facendo. Con i suoi orologi di pregio. Senza alcun timore di sfidare i colossi del lusso e le marche più blasonate. «Le mie creazioni hanno un proprio carattere. Accanto all’etica costruttiva, ho voluto metterci dentro la storia, il lavoro, la tecnica, le soluzioni, l’estetica e l’originalità del prodotto artigianale italiano». Che a quanto pare piace sempre più, visto che a breve sarà in commercio la nuova collezione. Il tutto accompagnato da un sogno: «Attrezzarci per riuscire a fare tutto da soli…».

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