«Essere gay? Anomalia». E' polemica su Padovese

PORDENONE. Si riaccende il dibattito in città sulle unioni omosessuali. E a chiedere una regolamentazione normativa sono alcuni sacerdoti. Pur partendo da posizioni ideologiche in certi casi agli antipodi rispetto a quelle che animano gli attivisti dell’Arcigay.
L’occasione che dà il la al dibattito è l’incontro all’auditorium Zanussi, nell’ambito del ciclo “Presenza e cultura”, durante il quale don Luciano Padovese ha affrontato questioni delicate per il mondo cattolico: fra le altre, fecondazione eterologa e matrimoni gay. Don Padovese si dichiara contrario a entrambi. E, a proposito dell’omosessualità, precisa in un’intervista raccolta ieri al telefono che «è un’anomalia rispetto alla struttura normale della piena comunione che vede uomo e donna come i due protagonisti». Fin qui, l’aspetto ideologico. Ma poi, ammonisce don Padovese, accoglienza e rispetto della diversità non devono mai mancare. Così come la salvaguardia dei diritti civili e umani. «Possiamo rimanere – sottolinea don Padovese – diversi nel rispetto reciproco. I legislatori hanno permesso il Far west invece di risolvere i problemi. Un intervento a livello normativo, invece, è necessario».
Condivide la necessità di una regolamentazione delle unioni omosessuali anche don Chino Biscontin. «Accanirsi a chiamarle matrimonio – osserva don Biscontin – ritarderà la legge per disciplinarle, legge che invece ci deve essere, perché ciò che è sostanziale è stabilire diritti e doveri delle persone che chiedono venga riconosciuto che formano una coppia stabile, indipendentemente dall'identità sessuale. Sconsiglierei di fare epicentro dell’impegno per il riconoscimento un particolare termine. Ciò allungherebbe i tempi dell’approvazione di una normativa, a danno degli interessati». Quanto a considerare normale l’omosessualità, il sacerdote osserva che tutto dipende dalla scelta della norma. «La norma – spiega don Biscontin – la si desume della combinazione dei cromosomi XY o XX? Oppure la si ricava dal comportamento della maggioranza sociologica? Oppure ancora la si evince dalle scelte e dal vissuto individuale? È chiaro che l’attribuzione di normalità o non normalità dipende da quale scelta si opera. Constato che nella nostra società, caratterizzata da una forte impostazione individualista, si sta diffondendo sempre di più il criterio del vissuto individuale. Da questa prospettiva per chi vive nell’omosessualità, che può essere variamente declinata, il proprio vissuto viene percepito come normale. Personalmente ritengo che nella valutazione di comportamenti umani si debba tener conto sia del punto di vista individuale, sia di dati desunti dall’oggettività».
«A nome di chi – è la provocazione di Giacomo Deperu dell’Arcigay – sta parlando don Padovese? La scienza ha riconosciuto che l’omosessualità è uno dei possibili naturali orientamenti sessuali dell’uomo. Scienza e religione sono due aspetti profondamente diversi. Ci fa piacere constatare, sulle unioni che all’interno della Chiesa ci siano posizioni diverse, anche meno rigide rispetto a un tempo: è il segnale che stiamo vincendo questo dibattito perché abbiamo portato anche parte della Chiesa ad aprirsi: una manciata di anni fa sarebbe stato impensabile.
Quanto ai consigli di don Biscontin, nessuno in parlamento sta discutendo di matrimonio, si sta parlando solamente di unioni civili. Anzi, casomai, il nostro dibattito e la nostra provocazione costante sulle nozze ha portato alla discussione in parlamento. Se smettessimo di chiedere 100, non otterremmo neanche 50». Deperu auspica che si arrivi a una legge, ma teme le strumentalizzazioni da parte di certi partiti politici: siamo sempre in bilico, sul filo del rasoio. L’importante è che si arrivi a una legge seria che risponda alle esigenze di tanti cittadini. Se devono fare un provvedimento di facciata, preferisco che non si faccia nulla».
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