Enologo assassinato, lavorò in Friuli

ROMA. Prima è stato freddato con due colpi di pistola alla testa. Poi il cadavere è stato dato alle fiamme nella sua Fiat 500 nuovo modello. È morto così Ulrico Cappia, 57 anni, consulente vitivinicolo coneglianese, trasferitosi da più di dieci anni a Roma.
Un’esecuzione in piena regola, avvenuta mercoledì notte, a Itri, in provincia di Latina, nei pressi dell’azienda vinicola per cui lavorava. Ora è caccia serrata al killer. Per tutto il giorno di ieri i carabinieri hanno sentito come persone informate dei fatti, testimoni, conoscenti e colleghi di Cappia.
La pista che gli investigatori stanno seguendo sembra quella di una vendetta legata a motivi professionali. Ma non si tralasciano anche altre piste. Cappia era conosciuto anche in Friuli, in quanto fino a una decina di anni fa operò nella zona collinare.
L’agguato. L’omicidio risale a due notti fa. Sono da poco passate le 22 quando un carabiniere, che abita a Itri, sente nitidamente esplodere cinque colpi di pistola. Poco dopo, la collina che circonda Itri viene illuminata dalle fiamme che avvolgono un’automobile. Scatta l’allarme.
Sul posto, alcuni minuti più tardi arrivano i carabinieri del reparto operativo del comando provinciale di Latina e i vigili del fuoco. Mentre spengono il rogo, i pompieri scoprono che all’interno c’è il cadavere irriconoscibile di un uomo. Riconoscerlo è impossibile.
Ma i carabinieri sono certi che il corpo è quello di Ulrico Cappia, un enologo che lavora per la Monti Cecubi, un’azienda vinicola vicina al luogo dell’agguato, di proprietà del notaio Antonio Schettino.
Le indagini. Del resto, l’auto dove è stato trovato il cadavere carbonizzato, una Fiat 500 ultimo modello, appartiene a Cappia, che manca da casa proprio dalla sera del delitto. Per averne la certezza è stato effettuato nelle ore successive l’esame del Dna, ma i militari non hanno perso tempo e hanno subito imboccato una pista ben determinata: quella legata al movente professionale.
Per tutta la giornata di ieri sono stati sentiti, come persone informate dei fatti, parenti, conoscenti e colleghi dell’enologo coneglianese. Tra le persone convocate in caserma c’era anche un ex operaio dell’azienda vinicola Monte Cecubi, quella per la quale lavorava il tecnico.
L’uomo è stato messo sotto torchio per ore, ma in giornata è stato visto uscire dalla caserma dei carabinieri. Al momento non ci sono persone iscritte sul registro degli indagati per omicidio volontario.
Il killer. Gli inquirenti hanno comunque una certezza. Il killer va cercato nella zona. Chi ha teso l’imboscata mortale all’enologo coneglianese ha dimostrato di conoscere bene il luogo dove è avvenuto l’agguato, proprio nei pressi dell’azienda agricola del notaio Antonio Schettino, per la quale la vittima lavorava.
Si tratta infatti di una zona piuttosto impervia, dove solo chi la conosce bene può permettersi di pianificare una simile esecuzione. Secondo una prima ipotetica ricostruzione dell’omicidio, l’assassino ha atteso Cappia in una zona isolata, all’altezza di una rientranza della provinciale Itri-Sperlonga, in località Porcignano.
Lì l’enologo coneglianese è stato costretto sotto la minaccia dell’arma a fermarsi. Non è escluso che Cappia abbia anche discusso con il suo assassino. In ogni caso, il killer ha esploso cinque colpi di pistola di piccolo calibro. Due di sicuro alla testa.
La magistratura non ha disposto l’autopsia. Il cadavere carbonizzato non permetterebbe di stabilire dove siano finiti gli altri colpi. Dopo il delitto, il killer ha cosparso l’auto di benzina e ha dato fuoco. Poi la fuga.
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