Ecco i vantaggi della “Zese” «Ma non è una zona franca»

Si fa presto a dire Zese, ovvero la “Zona economica speciale europea” che più di un candidato sindaco ha tirato fuori in questa campagna elettorale. Si tratta di una nuova cornice istituzionale che permetterebbe di andare, in estrema sintesi, verso degli interessanti vantaggi economici per la nostra fascia confinaria. Per arrivarci è però necessario un lungo percorso giuridico e tecnico che tenga conto degli ordinamenti in varie materie sia per l’Italia che per la Slovenia.
Ad essersene occupata in una sorta di studio è Sandra Sodini, direttrice del Gect- Gruppo europeo di cooperazione territoriale tra Gorizia, Nova Gorica e Sempeter Vrtojba, che chiarisce subito un fatto: «Non aspettiamoci sconti per la benzina o le sigarette, quel tipo di zona franca non esisterà più. Molto però si può fare sul fronte delle imprese e in particolare sui dazi doganali di tipo europeo» dice affrontando il tema.
Nel suo ragionamento parte da un dettaglio essenzialmente normativo, in base al quale però cambia del tutto la prospettiva. In particolare Sodini si riferisce al trattato di adesione della Slovenia in Europa, ratificato dall’Italia con la legge 108 del 23 marzo 1998. Secondo il documento, in attuazione agli accordi di Osimo in materia di cooperazione economica tra Slovenia e Italia, si prevede di costituire delle “zone franche di frontiera” mediante accordi tra la Repubblica italiana e la Repubblica slovena. Questa previsione normativa venne accolta, nel 2000, con favore dagli allora sindaci delle tre città di Gorizia, Nova Gorica e Šempeter-Vrtojba, tanto che venne firmato un accordo tra le tre amministrazioni per promuovere con ogni azione possibile per l’istituzione di una “Zona agevolata” a cavallo delle tre località. Tuttavia, nonostante l’importanza delle premesse e le dichiarazioni di intenti sottoscritte, il progetto fallì, probabilmente per la mancanza di strumenti giuridici adeguati.
Adesso però con il Gect qualcosa si può tentare. «La mia idea è di proporre la creazione, tramite il Gect o i singoli Comuni, di un gruppo tecnico che studi quali possano essere i vantaggi su cui puntare. Potrebbe essere un incaricoda affidare a specialisti di alto livello, magari nemmeno italiani o sloveni - teorizza la direttrice del Gect che precisa - : Non si tratterebbe di una Zes, una Zona speciali di quelle che vengono istituite in particolari situazioni di svantaggio tramite singoli accordi tra uno Stato e l’Unione europea ma di una Zese che fa invece riferimento ad accordi transfrontalieri».
Per quanto riguarda i possibili benefici per la nostra zona, l’esponente del Gect chiarisce che non potranno provenire da un “aggiramento” della fiscalità dei singoli Stati ma, dopo la valutazione di un gruppo tecnico, potrebbe in qualche modo eliminare degli specifici dazi doganali europei. Sodini attualmente si è occupata dell’aspetto giuridico della questione, ma dalle sue ricerche, da validare su altri piani, è emerso anche questo. In definitiva, alcune imprese potrebbero essere interessate, in futuro, a produrre nella Zese locale, importando prodotti grezzi ed esportando prodotti finiti che risulterebbero provenienti appunto da una Zona speciale e come tali uscirebbero meno tassati. I vantaggi da quantificare nello studio sarebbero quelli per le imprese, valutando l’impatto ambientale e i tipi di produttività auspicabili.
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