È una giornalista friulana l’assessore alla cultura di Prato

UDINE. Chiunque in città la incontri per strada, la saluta con entusiasmo. Anna Beltrame, friulana doc, è una penna brillante della Nazione. Ora, in prestito alla politica, dal 2009 è assessore alla cultura del comune di Prato, al fianco del sindaco Roberto Cenni. E la sua direzione culturale -nella città del tessuto, dei cinesi, e di una delle stagioni più fertili del Rinascimento italiano- la si “respira” ovunque.
Cominciamo da tuo padre, Luigi Beltrame, ex sindaco di Mortegliano.
«Lo è stato per vent’anni, dal ’70 al ’90, Dc. Mi ha insegnato il valore dell’impegno e il rispetto delle istituzioni. Mi ha messo in guardia sullo strapotere delle burocrazie, intoccabili e strapagate. Il suo consiglio? Studiare, sapere più di loro, per riuscire a fare le cose. Mio padre è un uomo libero, onesto, che ama la verità delle cose ben fatte».
La tua carriera da giornalista: quando inizia e dove.
«Un giorno d’inverno del 1990: il Messaggero era esaurito in edicola, mio padre comprò il Piccolo e trovò una pubblicità per borse di studio per aspiranti giornalisti. Mi ero appena laureata in economia, dopo la maturità allo Stellini e fin da piccola avrei voluto fare la giornalista. Partecipai al concorso e arrivai seconda. Ero contenta: era il mestiere per me».
A Prato e alla Nazione quando arrivi?
«Dopo cinque anni al Resto del carlino, nel 1995».
E l’esperienza di assessore, come è iniziata?
«Nel 2009 il sindaco appena eletto mi chiese se volevo entrare in giunta. Era il primo sindaco, civico, non di sinistra della città, dopo 63 anni. Lo avevo votato, dopo tante preferenze date al centrosinistra, perché convinta che servisse un cambiamento, perché diceva e dice che i problemi non sono di destra o di sinistra, ma della città, e che servono le migliori energie di tutti per cercare di risolverli. Ecco perché gli ho detto di sì».
Cosa puoi dire di questi quasi 5 anni da assessore?
«Un’esperienza faticosa e bellissima. Se dovessi fare un titolo: “Parlare è facile, scrivere un po’ più difficile, fare bene nella pubblica amministrazione è difficilissimo.” La burocrazia comanda, con le regole pazzesche e confuse di questo Paese, con i dirigenti strapagati che hanno tutto l’interesse a mantenere lo status quo, nelle Regioni e nei ministeri ancora di più. Eccolo, il nemico principale dei cittadini».
Parliamo della mostra “Da Donatello a Lippi”, appena conclusa.
«È stato un successo superiore alle attese. A Prato non si erano mai visti i turisti in coda. Quasi 60mila visitatori. Finalmente grazie a questa mostra è stato messo in luce il ruolo cruciale di Prato nella storia del Rinascimento. Antonio Paolucci l’ha definita un miracolo».
A breve la riapertura del museo di Palazzo Pretorio.
«È chiuso da vent’anni. Riaprirlo è un dovere: accadrà il 12 aprile. Un palazzo medievale unico, con capolavori di Bernardo Daddi, Giovanni da Milano, Filippo e Filippino Lippi, Santi di Tito, Lorenzo Bartolini. E un allestimento che punta anche sulle nuove tecnologie per comunicare la bellezza».
In cosa ti senti friulana?
«Le radici, la tenacia, la buona volontà di fare, il rispetto per le cose e le persone».
Come vedi il tuo Friuli?
«Come casa mia, il mio fogolâr. Con gli anni, mi sento un po’ emigrante, anche io».
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