È troppo poco per la difesa: «Faremo riaprire le indagini»

UDINE. Un provvedimento «epocale e choccante». Ma, al tempo stesso, una decisione «paradossale» e che finisce per tradursi in una beffa per le centinaia di allevatori che, da ogni parte d’Italia, attendevano fosse fatta luce sullo “scandalo” delle quote latte.
Perché se è vero che in quella trentina di pagine il gip romano Paola Di Nicola accerta nero su bianco la sussistenza di reati gravi e sistematici in danno del mondo agricolo, è altrettanto evidente come sul caso si sia voluto issare bandiera bianca.
Concludendo, come fossimo al capolinea, per una sorta di archiviazione tombale. Eppure, è proprio da lì che l’avvocato Cesare Tapparo, che nel procedimento patrocina più di 450 allevatori (un terzo dei quali titolari di aziende sparse tra il Friuli e il Veneto) e che della controffensiva legale è stato uno dei più strenui protagonisti, intende ripartire, con nuove e ancora più mirate denunce.
Del resto, lo scenario tratteggiato dal giudice non pare lasciare margini di dubbio. «Il decreto certifica che il cosiddetto sistema delle “quote latte” e la sua gestione da parte di Agea e degli enti pubblici preposti, anche per i controlli dei dati produttivi, è stato l’epitome e il paradigma di una maxi truffa gestita da un sistema compenetrato e colluso anche con la politica e la pubblica amministrazione – afferma l’avvocato Tapparo –. Gente che gestiva i soldi destinati all’agricoltura e, segnatamente, alla zootecnia, in maniera illecita e per scopi lucrativi e personali, avvalendosi di società e aziende “cartiere”, prive di patrimonio bovino o inesistenti, se non nei sistemi informativi nazionali e nelle banche dati ufficiali».
Aziende “fantasma”, quindi per un totale «allucinante di oltre 1.300 casi accertati – continua il legale –, utilizzate per fagocitare denaro proveniente dai Fondi Ue e non solo».
Ma anche montagne di soldi immotivatamente pretesi dagli allevatori, tra «sanzioni e prelievi non dovuti e all’origine della crisi irreversibile del settore lattiero caseario e zootecnico che – ricorda Tapparo – ha determinato la cessazione d’attività e la chiusura forzata di oltre l’80 per cento delle aziende produttrici esistenti prima del 2008/2009, anche nella nostra Regione». Per non dire della «illegittimità delle multe imposte con procedura d’infrazione all’Italia dall’Ue per sanzioni in realtà non irrogabili».
E allora, se questo è lo stato delle cose, se, cioè, i sospetti prospettati a suon di denunce e richieste di supplemento d’indagine dagli allevatori hanno trovato piena e totale conferma, il “pqm” che, in chiusura di provvedimento, manda tutto in archiviazione non può che suonare stonato.
«Un ossimoro – dice l’avvocato Tapparo –. Da un lato, l’ordinanza sancisce l’oggettiva sussistenza dei reati di falso e falso in atto pubblico, truffa aggravata e continuata, omissione di atti d’ufficio e abuso d’ufficio, spingendosi persino ad avallare le accuse di corruzione da noi ipotizzate, parlando di collusioni con politici corrotti o corruttibili. Poi, però, non perviene alla formulazione di un’imputazione coatta come avevo chiesto. E questo – continua – perché, per il gip, pur essendo plastici e provati i delitti, non è possibile ricollegarli a figure e persone fisiche ben individuabili».
Una resa inconcepibile e contro la quale l’esercito dei produttori intende nuovamente opporsi. È sempre il loro difensore a definire «eclatante e, per certi versi, epica a livello giurisdizionale la parte del decreto che rimette gli atti al ministero e all’amministrazione competenti, per azzerare le nefaste conseguenze sanzionatorie e patrimoniali tuttora in corso dell’illecito “sistema delle quote latte”», ricorda Tapparo. Pronto a tornare alla carica, il legale comincerà dalla richiesta di riapertura delle indagini, con «l’indicazione di nominativi e di ulteriori elementi e mezzi di prova», promette.
«Seppure ampiamente gratificato dal decreto, che recepisce quasi integralmente i miei atti di opposizione e i contributi difensivi e probatori – conclude Tapparo –, procederò con la presentazione di reclamo e, infine, con ricorso per Cassazione».
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