È morto Sandro Comini intellettuale e giornalista

Se n’è andato in silenzio, ieri mattina, all’hospice dell’ospedale di Gervasutta uno dei protagonisti del giornalismo friulano della fine del ’900 e del primo decennio di questo secolo, un maestro di tanti colleghi che con lui e da lui hanno imparato il mestiere. Sandro Comini, classe 1942, figlio d’arte, esponente di un giornalismo limpido, meticoloso, verificato, che forse non c’è più, ucciso dalla tecnologia dei tweet lanciati a mitraglia con le relative immagini che tanto impattano sul piano delle emozioni, ma ben poco lasciano alla riflessione e alla critica.
Comini, laureato in filosofia a pieni voti, professore abilitato, è entrato praticante a «Il Gazzettino» nel 1969 e nel giornale di Venezia ha percorso tutta la sua carriera. Memorabili i suoi reportages dai teatri di guerra degli anni ’90. Era un cultore della notizia da ricercare o analizzare e servire al lettore quanto più completa e precisa possibile, coi suoi chi, come, dove quando e perché. Era privo di qualsiasi timore reverenziale nei confronti del potere costituito, come dimostrano le sue numerose interviste ai potenti del mondo di allora. Fu arrestato in Spagna a Pamplona durante uno degli ultimi atti repressivi del franchismo. Lavorò nella redazione centrale di Mestre e in varie redazioni periferiche. Udine lo ricorda come caposervizio dell’edizione locale. Memorabili i suoi titoli, a volte choccanti, a volte brutali, mai banali. In un ambiente cerimonioso e paludato come la politica friulana di quegli anni egli irruppe con tutta l’irriverente franchezza di un laico libertario. Quando i giovani (allora) Biasutti, Santuz, Micolini scalzarono il potere (allora) costituito dei Comelli, Toros, Tonutti e Bressani in un memorabile congresso della Dc, partito allora egemone, egli, scoperta la manovra in anticipo, rivelò i retroscena titolando: «La cena delle aquile e quella delle galline» perchè i “vecchi” Comelli Toros e Tonutti si erano riuniti a cena dalle sorelle Minisini a Zompitta e Paolo Micolini aveva chiamato a raccolta i giovani ribelli a casa sua a Scodovacca per mangiare i polli del suo allevamento.
Cronache della prima repubblica, ovviamente, nelle quali Comini portò tutta la carica innovativa della sua visione politica libera e disinteressata. La politica che lo aveva appassionato moltissimo negli anni giovanili, in maturità lo lasciava abbastanza indifferente. Era idealmente riferibile alla sinistra umanitaria, ma senza legami organici di partito. Di politica, diceva, si era ubriacato negli anni della contestazione studentesca quando, come molti universitari friulani, fu protagonista di quella che allora si chiamava la “contestazione globale” ma in modo del tutto originale poiché aggiungeva alle rivendicazioni generali le richieste locali, di autonomia, rinnovamento, e rilancio socio/culturale del Friuli. In tale contesto fu tra i fondatori del Movimento Friuli, e del movimento per l’università friulana, tra gli organizzatori delle grandi manifestazioni studentesche di allora e, infine, candidato alle regionali del ’68 per il Movimento Friuli. Risultò primo dei non eletti, ma, poco dopo, in disaccordo con Schiavi, Ceccotto e di Caporiacco, insieme con moltissimi giovani, lasciò il Mf e da allora si occupò soltanto di giornalismo.
Vittorino Meloni, capo del giornale concorrente, diametralmente opposto a lui per storia personale e per indole, lo descriveva: «un burbero grande e grosso, con un vocione che fa tremare e una pennina leggera, leggera capace di descrivere i passaggi più delicati».
Da ieri Sandro non c’è più. Lascia la figlia Barbara e l’adorato nipotino Alessandro. Lascia un vuoto nel giornalismo friulano e un grande ricordo di onestà e coerenza. Una cerimonia funebre laica per ricordarlo è prevista nel cimitero di Udine alle 15.30 di venerdì prossimo.
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