Droga, armi ed estorsioni: sgominato clan della Sacra corona unita, fra gli arrestati una friulana

Operazione in provincia di Lecce. Coinvolta la friulana Livia Comelli, 61 anni, moglie del capo che dal carcere prima e dai domiciliari poi impartiva ordini al gruppo. Le accuse: associazione mafiosa, traffico e spaccio di sostanze stupefacenti, estorsione, danneggiamento e detenzione e porto abusivo di armi

UDINE. I carabinieri del Ros hanno eseguito, in provincia di Lecce, un'ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 22 appartenenti ad un gruppo criminale federato con il clan Tornese della Sacra corona unita, ritenuti responsabili a vario titolo di associazione mafiosa, traffico e spaccio di sostanze stupefacenti, estorsione, danneggiamento e detenzione e porto abusivo di armi, aggravati dal metodo mafioso.

Le indagini sono coordinate dalla Procura distrettuale antimafia di Lecce. Fra gli arrestati c'è anche una friulana, Livia Comelli, di 61 anni.

Gli indagati devono rispondere, a vario titolo, di associazione mafiosa, associazione finalizzata al traffico e spaccio di sostanze stupefacenti, detenzione e porto abusivo di armi, estorsione e danneggiamento, con l’aggravante del metodo mafioso.

I provvedimenti scaturiscono dalle indagini sulle articolazioni del clan della Sacra Corona Unita «Tornese» di Monteroni di Lecce, che ha documentato l’operatività criminale del sodalizio mafioso facente capo a Fernando Mocera, attivo prevalentemente nei comuni di Carmiano, Veglie, Novoli, Leverano e Porto Cesareo.

Il clan sgominato nel Salento era guidato da un vecchio referente della Scu, Fernando Nocera, di 64 anni di Carmiano conosciuto nell'ambiente come «Lo zio» o «Il vecchio» che dal carcere prima e poi dai domiciliari, impartiva gli ordini al gruppo con messaggi e missive smistati dalle sue donne, la moglie Livia Comelli e l'amante Giuliana Cuna.

Le due donne erano incaricate anche di mantenere i rapporti con il gruppo alleato dei monteronesi capeggiato da Saulle Politi, ma erano anche in grado di agire autonomamente impartendo direttive ai propri sodali, soprattutto per garantire il sostentamento agli affiliati in carcere.

Dalle indagini è emerso che dopo l'arresto del capo, era emersa una nuova generazione al comando composta anche da giovani insospettabili come i fratelli Davide e Matteo Conversano, di Carmiano (Lecce), entrambi incensurati ma con ruoli di rilievo e a stretto contato contatto col capo.

Tra gli attentati dinamitardi contestati al gruppo, anche quello del 5 maggio 2018 contro l'auto del comandante dei vigili urbani di Arnesano (Lecce).

Emblematico, secondo gli investigatori, il potere esercitato sugli affiliati, tanto da indurre uno di loro, Stefano Garofalo, persino a tatuarsi sul braccio la rosa dei venti con le iniziali dei principali referenti del clan.

«Si tratta di un gruppo pericoloso composto da emergenti e con ruoli di spicco, capace anche di ottenere consenso sociale» hanno sottolineato in conferenza stampa il colonnello Paolo Dembech, comandante provinciale dei carabinieri di Lecce e il colonnello Giancarlo Scafuri, vice comandante del Ros.

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