Dopo la rotta di Caporetto il duro anno della “fame”
BUDOIA. Le tragedie della Prima guerra mondiale 1915-18, vissute al fronte, costate oltre 600 mila morti, si abbinano all’anno dell’invasione del Friuli, seguita alla rotta italiana di Caporetto,...
BUDOIA. Le tragedie della Prima guerra mondiale 1915-18, vissute al fronte, costate oltre 600 mila morti, si abbinano all’anno dell’invasione del Friuli, seguita alla rotta italiana di Caporetto, consumata fra il 24 e 26 ottobre del 1917.
Nelle contrade pedemontane, l’anno dell’occupazione austriaca è sempre stato ricordato come “l’anno della fame”. Immediatamente gli invasori si appropriano di case adatte alle loro esigenze, beni e animali. Purtroppo alla fine di ottobre sono già ritornate al piano le greggi che, in malghe e casere degli alpeggi i proprietari avrebbero potuto nascondere. Consumate provviste e scorte alimentari durante l’autunno e il tremendo inverno 1917-18, gli austriaci si appropriano anche dei successivi raccolti. I contadini, rimasti in balia degli invasori, devono, di nascosto sottrarre qualche animale e “rubare”, dai propri campi, frumento e mais, eludendo la sorveglianza degli occupanti.
Nei paesi pedemontani i soldati nemici erano perlopiù ungheresi e bosniaci, comandati da ufficiali austriaci. Tutto, anche le campane, durante l’invasione viene portato via quale bottino di guerra.
A vivere la tragedia dell’occupazione sono soprattutto contadini e preti. Le autorità locali, spesso appartenenti alla classe politica liberale, dopo Caporetto seguono infatti la ritirata delle truppe italiane oltre il Piave. In ogni singolo comune si insedia un comando militare austriaco che amministra anche la “giustizia di guerra”. Ogni infrazione alle regole degli occupanti viene punita con la deportazione. Famigerata quella nel campo di prigionia austriaco di Katzenau, a Linz, di 150 abitanti del borgo di Marsure di Aviano.
Dopo la drammatica esperienza dell’occupazione austriaca, finita la guerra, i contadini dovranno affrontare le angherie dei proprietari terrieri che, ritornati dal loro esilio, pretendono la parte mezzadrile e le regalie anche per l’anno dell’invasione, quando i raccolti erano stati sottratti dall’invasore.
(s.c.)
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