Dopo 50 anni torna in vita il mulino di Croce

Il Comune di Cercivento investirà 260 mila euro per riportare in attività la struttura risalente al 1670
CERCIVENTO. Il mulino di Croce tornerà all’antico splendore, grazie a un contributo ministeriale di 260 mila euro assegnato al Comune della val Secca per il recupero dei luoghi d’arte di tutta l’Italia.


Un “aiuto” particolarmente gradito dal sindaco Luca Boschetti, che ha illustrato il piano di utilizzo dei fondi. «Attraverso la ristrutturazione puntiamo a riportare a nuova vita l’antico mulino, acquisito dal Comune di Cercivento negli anni passati».


Nelle intenzioni del Comune non figura quella di una conversione in museo: l’antica struttura sarà al servizio del territorio, recuperando il ruolo che aveva nei tempi andati in montagna. Il mulino sfruttava le acque del rio Barbano e, tramite una roggia, quelle del torrente Gladegna. Già rappresentato in una antica mappa del 1670, è rimasto in funzione fino al 1960. Abbandonato dalla famiglia proprietaria dei Morassi (ultima a gestirlo fu la Malie), venne acquistato negli anni Novanta dal Comune, che realizzò un primo intervento di restauro conservativo consolidando le murature e la copertura e disponendo il rifacimento degli elementi esterni in legno: le ruote motrici (tortes) e il canale sopraelevato (vagn). Questi elementi saranno riposizionati grazie al nuovo finanziamento, che consentirà di ripristinare la roggia e completare la sistemazione interna mediante una accurata sostituzione delle parti in legno costituenti gli ingranaggi e oggi deteriorate. «È l’unico mulino dei tanti della zona arrivato fino ai nostri giorni – prosegue Boschetti - e ancora utilizzabile. Dopo il 1856 un annesso adibito a mulino con accesso indipendente conserva l’antico impianto degli ingranaggi, la tramoggia, il tamburo e perfino tutti gli accessori necessari alla lavorazione delle farine come le palette di legno e i setacci».


E proprio da qui parte la “via dei mulini e delle fate”, uno dei simboli del Comune. Il mulino di Croce (che può essere visitato su richiesta, con il Comune che ha realizzato anche un opuscolo a cura di Annarita De Conti) viene ancora oggi utilizzato per la macinazione dell’orzo.


Un progetto che non prevede, comunque, il solo recupero strutturale del mulino. Il progetto predisposto dal Comune, infatti, punta al recupero delle antiche colture, un tempo tipiche della zona, restituendo all’opificio, almeno in parte, la sua vocazione originaria di mulino e pilaorzo, incentivando al contempo la re-introduzione di antiche colture quali l’orzo o il “paian” (grano saraceno). Anche in relazione alla nascita e al consolidarsi di attività imprenditoriali agricole, si prospetta la nascita di un nuovo birrificio nel vicino Comune di Sutrio, con l’intenzione di promuovere produzioni autoctone alimentari e officinali.


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