Don Andrea va dal vescovo e si sospendeAltolà del Vaticano: non può candidarsi

GORIZIA. Non dirà più la messa, non potrà officiare i sacramenti, resterà un sacerdote ma non farà più il prete. Don Andrea Bellavite, il parroco 47enne in corsa come possibile candidato sindaco di Gorizia, nel giorno in cui la Curia accetta le dimissioni da direttore della Voce isontina, il giornale diocesano, maturate dopo le bacchettate delle gerarchie ecclesiastiche sulla linea del giornale in merito a temi come amore e omosessualità, decide di andare dal suo vescovo Dino De Antoni e di autosospendersi. La sua voce parlerà ancora agli ultimi, alle “anime” a cui si è sempre rivolto il prete no global, vicino a Rifondazione, autore a quattro mani con l'assessore regionale Antonaz della legge sulla pace, pronto a tornare laico per servire la sua città. Ma la corsa alla poltrona di sindaco di Gorizia potrebbe fermarsi qui. Interrotta bruscamente da due “anatemi”, giunti nel giorno in cui i Ds sembrano pronti a schierare Giulio Mosetti, il capo della cosiddetta Margherita 1, contro Ettore Romoli. Il primo stop arriva dal Vaticano. Monsignor Velasio De Paolis, segretario del Tribunale per la segnatura apostolica, diritto canonico alla mano, avverte don Andrea: non è opportuno che un parroco si candidi a cariche pubbliche, «seppur nobili» e «indipendentemente da quale partito scelga per candidarsi». Il diritto canonico lo vieta e il vescovo potrebbe prendere provvedimenti contro il sacerdote se questi perseverasse nel proposito. «Non si può - spiega il monsignore -: un prete non si può candidare a sindaco: il codice di diritto canonico lo vieta perchè le cariche pubbliche non sono convenienti per i chierici e per chi abbia ricevuto un ordine sacro.


Pur se si tratta di incarichi nobili sarebbe disdicevole per chi ha ricevuto un ordine sacro ed è quindi chiamato al servizio di tutta la comunità, non solo di una parte di essa, nè tanto meno a incarichi di tipo partitico». Ma c'è un secondo stop, che già apre il dibattito fra i giuristi e gli esperti di sistemi elettorali. Nel cosiddetto Tuel, il testo unico varato dal Parlamento italiano nel 2000 che regola l'ordinamento degli enti locali, all'articolo 60 è dichiarato non eleggibile alla carica di sindaco un ministro di culto e ecclesiastico che «abbia cura di anime» nel territorio in cui opera. Una condizione che renderebbe don Andrea ineleggibile o forse aprirebbe l'ennesima questione giuridico-costituzionale per stabilire se per la legge italiana un pastore cattolico, impegnato nel sociale sia o non sia un ministro di culto dopo la sospensione a divinis, visto che per la Chiesa questo atto non costituisce un abbandono della veste talare nè del sacerdozio, ma solo una sorta di “aspettativa” concessa a tempo indeterminato. La matassa è ingarbugliata. E la scelta di don Andrea di sospendersi dall'ufficio di prete sembra destinata a protrarsi anche oltre le elezioni amministrative, sia che la candidatura a sindaco di Gorizia maturi, sia che - come pare - sia destinata a rientrare per lasciare spazio a un esponente dell'Ulivo, forse lo stesso Giulio Mosetti. Già oggi non è più “don”, ma soltanto Andrea Bellavite, spiega di avere «preferito compiere quest'atto prima ancora di sapere se la mia ipotetica candidatura andrà in porto o meno - spiega Bellavite - perché lo ritengo un atto di onestà nei confronti della Chiesa. Indipendentemente da come finirà questa vicenda, nel momento in cui ho dato la mia disponibilità a candidarmi, ho ritenuto doveroso e corretto non presentarmi come sacerdote evitando di coinvolgere la Chiesa in mie scelte personali».


Il vescovo De Antoni non fa dichiarazioni, ma il terremoto in Curia c'è. Il presule prende tempo, intende riflettere, fa sapere di essere preoccupato e affida a una breve nota l'accettazione delle dimissioni di don Andrea Bellavite dalla direzione del giornale diocesano. «Si ringrazia don Andrea per l'impegno profuso per mettere la stampa diocesana in dialogo con la società civile ed anche per avere tentato di allargare il dibattito all'interno del mondo ecclesiale e non», scrive la Cancelleria della Curia. Durante il colloquio, comunque, il vescovo di Gorizia non ha nascosto la preoccupazione : «Le porte della Chiesa saranno sempre aperte per te», ha detto al suo sacerdote-ribelle. «La mia scelta non vuole assolutamente essere in contrasto con i dettami della Chiesa e mi sento tutt'ora profondamente vicino al mio vescovo - ha replicato don Andrea - ma proprio per rimanere fedele ai miei ideali ho sentito il dovere di seguire la mia coscienza che, in questo momento, mi dice che potrei essere più utile attraverso un impegno civile che continuando a esercitare all'interno della Chiesa». La situazione nell'Ulivo goriziano non è dunque tranquilla. L'uscita di scena di Brancati ha lacerato gli animi e appesantito le divisioni sia tra i partiti che compongono la coalizione, sia all'interno degli stessi partiti, sia, infine, all'interno dei vari movimenti che si erano riuniti in un Forum.


E proprio da qui è partita la proposta di candidare don Andrea, negli anni scorsi al fianco dei “no global” nella lotta contro il Cpt di Gradisca e dei “beati costruttori di pace” contro le bombe alla base Usaf di Aviano. Proposta sposata da Rifondazione comunista secondo la quale «la scelta di don Bellavite a candidato sindaco va nell'ottica di rinsaldare la coalizione di centro-sinistra». Non la pensano così Margherita e Ds. I Dl sono divisi a metà, tra chi sostiene don Andrea e sarebbe disposto a votarlo e coloro che, invece, non vedono di buon occhio una crisi anche istituzionale con la Curia per le necessarie decisioni che seguirebbero ad una candidatura del parroco-politico. E i Ds, fino a ieri alla finestra, pur senza un loro candidato, sembrano orientati a dire no a don Andrea per aprire al margheritino Mosetti. Secondo alcuni big, anche preoccupati dell'effetto che la storia del sacerdote dei poveri lanciato in politica potrebbe portare alla coalzione.

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