Discoteche in città, chiude il White
Ha ospitato un giovane Tiziano Ferro, un buon cantautore come Samuele Bersani. Ha visto sul proprio palco pure Beppe Grillo. In generale, ha accolto giovani (e non) e li ha fatti ballare per 17 anni. Ma ora abbassa le serrande. Quella di sabato sarà l’ultima serata del White. La discoteca di Pordenone, già Heineken Green Stage e Uagamama, si ferma. A deciderlo i suoi due soci da sempre, Andrea Toppan e Roberto Tinteri. «Abbiamo fatto il nostro tempo – spiega Tinteri – ma non solo: ormai ogni locale s’improvvisa discoteca senza avere licenze. Impossibile andare avanti». Un pizzico di polemica c’è, ma prevale la serenità. Certo è che chiude un altro storico club, dopo il Royal City di Cordenons e il Papillon di Roveredo.
Già, ma erano altri tempi, quelle in cui le “disco” tiravano. «Un tempo – afferma uno dei due soci – i bar chiudevano alle 23. Avevi solo una possibilità, andare a ballare. E allora ci spostavamo tutti, spendevamo e i locali reinvestivano: c’era un circolo virtuoso. Ora tutto questo si è fermato». Come detto, i pub si trasformano in sale da ballo, i bar pure così come gli agriturismi: non si paga l’ingresso, i dj suonano e lo fanno con un cachet più basso. Non era così, il 2 ottobre 1997, quando la coppia Tinteri-Toppan s’insediò al civico 2 di via Fornace. I due partirono con l’Heineken Green Stage: concerti rock a gogo, tanto pubblico, grandi serate, gli ospiti di spessore. Lo stop nel 2002, per la scadenza del contratto con il colosso olandese: i due soci rimasero lo stesso, cambiarono solo il nome del locale. Scelsero “Uagamama”. Era il gennaio 2003: nel 2007 concessero l’affitto d’azienda a degli imprenditori romeni e il locale rimase loro fino al 2011. Si suonava musica balcanica. Allora, l’ultimo cambio: dall’1 ottobre 2011 si chiamò White, locale che ha lanciato giovani dj come i Flowbeats. «Ormai questo mondo non ci appartiene più – spiega Tinteri – e non c’è neppure ritorno economico. Abbiamo fatto degli sbagli ma abbiamo preso questa decisione. E usciamo senza rimpianti». Rimangono i ricordi, la traccia nella città: quella è indelebile.
Alberto Bertolotto
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