Diplomi facili a Pordenone, ecco come funzionava

Gli studenti parlano di assenze mascherate e suggerimenti per le verifiche. La difesa:«Niente raggiri, l’esame era statale»

PORDENONE. Sfilata di ex studenti ed ex studentesse, in qualità di testimoni, nell’udienza di ieri del processo nato dall’inchiesta della Guardia di finanza sui presunti “diplomi facili” all’istituto Parini. Dodici gli imputati. Viene contestata a vario titolo l’associazione per delinquere. Per tutti, a cominciare da Pasquale (Lino) Mungari, secondo l’accusa formalmente responsabile dell’offerta formativa, vengono contestate truffa aggravata e concorso in falso ideologico.

Uno dei nodi su cui si è incentrato l’esame dei testimoni davanti al collegio del tribunale presieduto da Eugenio Pergola (in aula il pm che ha condotto l’inchiesta, Maria Grazia Zaina) era costituito dalle anomalie sulle assenze.

È emerso ancora una volta che erano stati segnati come presenti studenti in realtà assenti. Una studentessa, iscritta come privatista, ha ricordato in aula di aver frequentato solo 3 volte prima di ritirarsi, tra il settembre 2012 e il febbraio 2013. Nelle sue dichiarazioni alla Guardia di finanza aveva affermato di essere stata contattata dall’istituto, dopo un lungo periodo di assenza: le era stato chiesto di venire per ritirare degli oggetti ma una volta giunta a scuola era stata chiamata a svolgere, secondo la sua ricostruzione, 3 verifiche scritte in un’ora e mezzo. Aveva poi dichiarato alla finanza che le soluzioni le erano state passate da una segretaria, di cui non ricordava il nome.

Secondo l’accusa gli insegnanti e la segreteria «abitualmente consentivano agli studenti di preparare a casa i compiti in classe, fornivano le soluzioni o permettevano di copiare».

La truffa si configura perché avrebbero «tratto in inganno i funzionari del ministero consentendo agli studenti di conseguire indebitamente il diploma».

Finora, secondo il collegio difensivo, non sono però emerse conferme in grado di avvalorare la tesi accusatoria. Ha sostenerlo è in particolare l’avvocato di Mungari e degli altri familiari coinvolti, Maurizio Mazzarella. Anzitutto, ha posto l’accento sul fatto che dagli studenti ascoltati in aula sono arrivati giudizi positivi sulla professionalità dei docenti, in particolare dell’insegnante di italiano, e sull’offerta formativa.

Altro aspetto da evidenziare, anche a fronte del nodo assenze, è il fatto che Mungari sollecitava ad essere presenti in classe e a non fare troppe assenze. Sentita anche una telefonata a dei genitori in cui ribadiva il concetto che “per essere promossi bisogna studiare”.

«Le assenze non segnate o qualche suggerimento dato per i compiti in classe non autorizzano certo a parlare di un “diplomificio” – ha commentato Mazzarella al termine dell’udienza di ieri – . Abbiamo visto che tanti studenti poi si ritiravano o venivano bocciati. E soprattutto, l’ipotesi della truffa non sta in piedi se si considera che poi gli studenti dovevano comunque passare l’esame di Stato con una commissione nominata dalla Stato. Il diploma non lo davano certo Mungari o il Parini».

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