D’Incà Levis, l’inchiesta s’allarga

Dopo le rivelazioni dell’imprenditore pordenonese, le ammissioni di Mancini

Nuovi sviluppi, nell’inchiesta sulle tangenti destinate alla segreteria di Alemanno, che vede indagato l’imprenditore, con radici pordenonesi, Edoardo D’Incà Levis.

Riccardo Mancini, ex amministratore delegato dell'ente Eur, indagato dalla procura di Roma nell'ambito dell'inchiesta su una tangente da 800 mila euro che sarebbe stata versata per una commessa di 45 filobus per Roma Metropolitane, società del Campidoglio, ha ammesso di aver ricevuto 60 mila euro, ma solo dopo che l'appalto era stato assegnato.

L'ammissione è avvenuta nel corso dell'interrogatorio al quale Mancini è stato sottoposto dal pm Paolo Ielo. Stando alle indiscrezioni Mancini avrebbe aggiunto di non sapere da chi e a quale titolo avrebbe ricevuto il denaro. Forse, avrebbe aggiunto, perchè ritenuto un personaggio più influente. La deposizione dell'indagato non avrebbe soddisfatto il magistrato che sta cercando di ricostruire il percorso del denaro versato dall'ex amministratore delegato di Breda Menarini, Roberto Ceraudo, attualmente detenuto a Regina Coeli, e ieri interrogato dallo stesso Ielo. A parlare in modo dettagliato della tangente è stato proprio l’imprenditore con radici pordenonesi, ora residente a Praga, Edoardo D'Incà Levis, che avevav ammesso di aver creato, attraverso un meccanismo di false fatturazioni, il fondo nero utilizzato da Ceraudo per pagare la tangente. Breda Menarini è stata una delle aziende che ha fornito i filobus. D'Incà Levis ha dichiarato al pm da aver appreso da Ceraudo che la tangente era destinata alla segreteria di Alemanno.

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