Diga di Ravedis, un gigante da 200 milioni: collaudato a metà, lavora al 23 per cento

A trentun anni dall’avvio del lavori e dopo una spesa di oltre 200 milioni di euro il bacino artificiale di Ravedis in Valcellina opera al 23 percento delle proprie capacità. Il che si traduce in una ridotta potenza idroelettrica e in una minor quantità d’acqua da destinare alle irrigazioni agricole in caso di estati siccitose.
Per recuperare il 77 percento di funzionalità è necessario completare il collaudo funzionale. Ovvero sistemare le paratoie che si sollevano a scatti, risolvere i problemi rilevati nel corpo diga (zampilli da alcune fessurazioni) e ultimare le verifiche sismiche. Lo impone il ministero. Costo: un milione di euro, secondo una stima preliminare di Roma. Se tutto va bene il bacino di Ravedis dovrebbe entrare in esercizio definitivo, quindi collaudato anche funzionalmente, nel 2020.
Tuttora l’esercizio è provvisorio. Non è consentito raggiungere la quota di riempimento massima del bacino (è posta a 338,50 metri sul livello del mare) se non in caso di necessità contingenti, com’è avvenuto in occasione della recente ondata di maltempo, visto che la funzione principale di Ravedis è laminare le potenti piene del torrente Cellina. E la laminazione delle piene con le paratoie “a scatto” rappresenta un problema nel problema.
A Ravedis in questi giorni è stato avviato lo smontaggio di una delle paratoie per effettuare le modifiche. Si conta di completarle in una quarantina di giorni. «Ultimati i lavori proveremo le modifiche innalzando il livello del lago – ha sottolineato il presidente del Consorzio di bonifica Cellina-Meduna, Ezio Cesaratto – Se tutto funzionerà estenderemo le modifiche alle altre tre paratoie». Il problema era emerso nel 2015. L’allora commissario del Consorzio (attuale gestore dell’impianto), Stefano Bongiovanni, aveva evidenziato la situazione, osservando che «è opportuna la massima funzionalità» e aggiungendo: «Ci doveva essere consegnata un’opera fatta a regola d’arte durevole, così non è stato». Con ciò prefigurando responsabilità in capo al costruttore, il consorzio CoRav, all’epoca in liquidazione avendo esaurito il proprio compito. I fondi per gli attuali lavori sono inseriti nel milione di euro di stanziamento “supplementare” del ministero. E il costruttore, finito nel mirino del commissario nel 2015? Dell’eventuale azione di rivalsa si sono perse le tracce.
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