Delitto Melinte, sedici anni a Ciarloni

Ieri la sentenza per la morte del giovane romeno. La difesa valuta la possibilità di ricorrere in Appello

Condannato a 16 anni per omicidio volontario il monfalconese Massimiliano Ciarloni, 33 anni, che nella notte tra il 5 e il 6 marzo dello scorso anno ha ucciso il 21enne rumeno Eugen Melinte, in via Duca d’Aosta, nella città dei cantieri. Il giudice per le indagini preliminari, Massimiliano Rainieri, ieri al Tribunale di Gorizia, durante l’udienza conclusiva del processo con rito abbreviato, ha condannato l’uomo anche a 4 mesi di arresto (1000 euro di ammenda), per la detenzione del coltellino a serramanico, provvisto di una lama di 6 centimetri, con la quale Ciarloni ha inferto i fendenti, recidendo l’arteria succlavia del ragazzo e provocandone il decesso. Sono state riconosciute, inoltre, le attenuanti generiche, per le quali il giudice non ha ritenuto di considerare fatti pregressi a carico del 33enne monfalconese. È dunque questa la sentenza pronunciata ieri mattina dal gip Rainieri, all’uscita dalla Camera di consiglio, durata circa mezz’ora. Nella sentenza pronunciata dal giudice Rainieri sono contenuti anche gli aspetti legati alle spese processuali e di custodia cautelare, nonchè la condanna al risarcimento del danno a favore dei familiari di Eugen Melinte, costituitisi parte civile al processo. Si tratta di 5 mila euro di spese di costituzione e difesa per le parti civili e di 375 mila euro complessivi a favore dei congiunti del ragazzo, da liquidarsi in particolare in 150 mila euro ciascuno ai genitori, la madre Cornelia e il padre Costel, e in 25 mila euro ciascuno ai fratelli Alessandra, Stefan e Vicu. Disposta infine la confisca del coltello multiuso. L’avvocato Roberta Bandelli, che ha assistito i familiari del ragazzo nella costituzione di parte civile, ha definito «equa» la sentenza: «È stato riconosciuto l’atto volontario - ha infatti osservato -, come avevamo sostenuto». Il legale ha aggiunto: «La madre si è ritenuta soddisfatta, perchè giustizia è stata fatta. Spero - ha concluso l’avvocato Bandelli - che con il tempo potrà giungere anche il perdono». In attesa di conoscere le relative motivazioni, la difesa di Massimiliano Ciarloni, rappresentata dall’avvocato Riccardo Cattarini, sta intanto valutando la possibilità di fare ricorso in appello. «È una sentenza certamente equilibrata - ha commentato l’avvocato Cattarini -, per la quale il giudice per le indagini preliminari ha posto massimo impegno e attenzione. È d’obbligo leggere le motivazioni prima di decidere il futuro del processo. Credo tuttavia che chiederò alla Corte d’appello di valutare il comportamento del mio assistito, in seguito ai fatti accaduti, e che ha dato modo di constatare la possibilità di un reinserimento sociale. Ritengo, inoltre, che ci sarà ancora molto da discutere anche sulla volontarietà del gesto». (l.b.)

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