De Toni e il futuro di Udine: trenta mesi di scelte e variabili

Il sentiero verso la naturale scadenza del mandato del sindaco rischia di essere accidentato. Il nuovo piano della sosta è la prima grande sfida

Mattia Pertoldi
Una veduta di Udine dall'alto
Una veduta di Udine dall'alto

Scavallato metà mandato, Alberto Felice De Toni è atteso adesso da una trentina di mesi – quelli che ci separano dalla scadenza naturale della consiliatura – da maneggiare con cura perchè il sentiero fino al 2028 rischia di essere particolarmente accidentato.

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Il sindaco di Udine Alberto Felice De Toni

La prima grande decisione da prendere riguarderà il nuovo piano della sosta con il sindaco chiamato a mediare tra posizioni agli antipodi, come spesso accade nella maggioranza modello "arca di Noè", e in uno scenario che rischia di pesare parecchio alle Comunali. È evidente che un rincaro delle tariffe, se non abbinato a un programma di sviluppo urbano, sommato all'aumento dell'addizionale Irpef – come peraltro mutuato a Gorizia dal centrodestra abbassando la soglia di esenzione –, della Tari e all'inserimento dell'imposta di soggiorno (per quanto questa non sia pagata dagli udinesi) non rappresenterebbe certo il migliore viatico per chiedere la riconferma agli elettori.

Con De Toni o senza De Toni, al momento non è ancora dato saperlo. Cambia poco, però, nell'immediato perchè il sindaco dovrà anche dimostrare di saper gestire le spinte centrifughe di chi ormai (lecitamente) guarda a Trieste. Non è certo un mistero, ad esempio, che Federico Pirone e Alessandro Venanzi – per citare due nomi di peso – vogliano correre alle Regionali ed è inevitabile che una determinazione del genere possa avere riflessi diretti sull'amministrazione comunale.

In più ci sarebbe da capire come si muoverà il centrodestra, anche se oggi sembra un'automobile incapace di lasciare i box. Nel blocco conservatore non c'è ancora uno straccio di idea sul possibile candidato sindaco e, fino a ora, nemmeno la capacità di allestire un'opposizione decente, se non basata su desueti abbandoni d'Aula e continue richieste di Consigli straordinari attraverso cui "urlare" al vulnus democratico. Niente di nuovo, siamo chiari, almeno a Udine dove il centrodestra di solito arriva sempre alle elezioni con il fiatone. È la storia della Seconda (e Terza) Repubblica in città. Ma pure la migliore assicurazione sulla vita della sinistra udinese. 

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