Dall’autopsia le risposte al "giallo"

UDINE. Segni che possano fare pensare a una morte violenta non ne sono stati trovati. In compenso, qualche cicatrice individuata all’altezza dei polsi potrebbe indurre a ipotizzare una qualche precedente dinamica riconducibile al suicidio.
Troppo poco, comunque, per trarre conclusioni, in un verso così come nell’altro. L’unico strumento in grado di fornire risposte fondate, insomma, di fronte a un caso come quello della donna ripescata morta dal Ledra, era e resta l’autopsia.
È quanto affermato, lunedì, dal procuratore capo di Udine, Antonio De Nicolo, alla luce delle scarse informazioni e dei pochi elementi che, fino alla tarda serata, era stato possibile raccogliere agli inquirenti. Ecco perchè ogni considerazione è stata rinviata al giorno in cui il medico legale Carlo Moreschi, incaricato dalla Procura dell’accertamento, inizierà le operazioni.
Esclusa la giornata di oggi, martedì, l’autopsia sarà eseguita tra mercoledì o, al più tardi, giovedì. «Per ora – ha detto De Nicolo –, non è emersa alcuna evidenza tale, da poter pensare all’intervento di terze persone». A un omicidio, insomma. Anche se nulla esclude che la donna possa essere stata semplicemente spinta nella roggia, senza essere stata prima colpita.
Anche in questo caso, l’autopsia potrebbe rivelarsi illuminante, perchè capace di accertare, anche in base alla quantità d’acqua ingurgitata, se la donna si sia dibattuta nel tentativo di salvarsi, o se invece vi sia stata una volontaria accettazione dell’annegamento. Intanto, la polizia ha scandagliato la roggia e le sue adiacenze, nel tentativo di trovare indumenti della vittima e di stabilire il punto dal quale è caduta.
Riproduzione riservata © Messaggero Veneto