Dal Vajont a Porzûs, Pansa e l’amore per la verità

Da giovane inviato raccontò il disastro della diga, da scrittore ricostruì l’eccidio dei partigiani nella malga sopra Faedis

«Scrivo da un paese che non esiste più». Firmava un pezzo di cronaca, destinato a diventare una pagina di storia.

Era il 9 ottobre 1963 quando Giampaolo Pansa, inviato a Longarone per raccontare la strage della diga del Vajont, spedì il reportage alla redazione torinese de “La Stampa”.
Dal Vajont a Porzûs con una parentesi al premio Hemingway, queste sono alcuni dei contatti che il giornalista e scrittore scomparso domenica ebbe con il Friuli.

Le polemiche giornalistiche e storiografiche hanno accompagnato i suoi libri dedicati alla Resistenza, su tutti “Il sangue dei vinti”, il saggio del 2003 sui crimini dei partigiani compiuti dopo il 1945 che gli costò l’accusa di “revisionismo”.

Una passione per gli anni del fascismo e della Resistenza che era maturata fin dai tempi della tesi di laurea. Poi Pansa ha firmato innumerevoli romanzi e saggi storici, ma quel che ci interessa più da vicino è “La grande bugia” una narrazione della lotta partigiana nelle nostre zone.

Nell’agosto del 1997 vide il film di Renzo Martinelli “Porzûs” e subito ne scrisse per “L’Espresso”: «Quello di Martinelli è un grande film sulla Resistenza. E anche un film contro il fanatismo e sulla pietà umana come indispensabile connotato di qualsiasi guerra per la libertà. Pietà, clemenza, umanità: questo rivendicano ancora i fantasmi di Porzûs... Quei fantasmi sono qui accanto a noi, non se ne sono andati. E, com’è giusto, non se ne andranno tanto presto. Martinelli ce li riporta davanti agli occhi con una forza che turberà tantissimi spettatori... La storia va sempre riletta e riscritta, da chiunque abbia un titolo per farlo. Questo non è revisionismo. Questa è la vita. Questa è la storia con i suoi morti che vivono accanto a noi».

Di ciò che accadde nella malga scrisse poi ne “La grande bugia”, dopo un altro libro controverso “Il sangue dei vinti”. Ripercorse i giorni dell’eccidio sopra Faedis, quando una formazione di partigiani della Brigata Osoppo venne sterminata da parte di un gruppo di partigiani militanti comunisti. Una pagina tra le più contestate e tragiche della Resistenza italiana che fu ed è tuttora fonte di numerose polemiche.

«Sembra che gli uomini di Giacca abbiano infierito in modo barbaro su queste quattro vittime, prima o dopo averle uccise... Restano vivi altri sedici partigiani dell’Osoppo. Giacca se li porta via, ma ha già deciso di assassinare anche loro. Vengono condotti in varie zone del Bosco Romano, a Restocina e a Spessa, frazione di Cividale del Friuli. E qui, con una lentezza inspiegabile che diventa anch’essa una forma di tortura, sono processati, fatti spogliare nudi e trucidati... È in questa Via Crucis che muore il fratello dello scrittore Pier Paolo Pasolini, Guido, detto Ermes. Si salvano soltanto due della Osoppo perché scelgono di passare con i gappisti di Giacca».

Resoconti che aprirono una seria discussione tra le parti. Pansa non se ne curò. «... l’intera vicenda va molto al di là del mio scheletrico riassunto. Su Porzûs sono stati scritti parecchi libri, frutto di ricerche approfondite, ma poco noti al grande pubblico». Citò pure Carlo Sgorlon e il romanzo “La malga di Sir”.

«Com’è inevitabile - aggiunse -, le ricerche storiche non approdano tutte alla stessa conclusione... Nel senso che rimane controverso lo sfondo politico della strage e lo scenario internazionale che gli sta alle spalle. Gli enigmi risultano troppi e non esiste una soluzione valida per tutti... Ma non ho la pretesa di sciogliere tutti i rebus. Voglio soltanto raccontarle in che modo il film di Martinelli venne accolto da una parte della sinistra italiana. E il modo ricorda molto da vicino quel che sarebbe successo, sei anni dopo, al mio “Sangue dei vinti”».

Con Pansa la sua cronaca diventò Storia e la Storia raccontata da lui ritornò viva.
Ospite di numerose iniziative culturali in Friuli, fece tappa a Pordenonepensa nel 2010 e fu costretto a saltare per un imprevisto un’edizione di Pordenonelegge. Partecipò a Èstoria a Gorizia, presentò i suoi libri a Udine e in altri centri della nostra regione, sempre con grande partecipazione di pubblico. Nel 1985 ricevette a Lignano l’Hemingway, il premio era appena istituito e lui era già un cinquantenne di successo.

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