Da settembre via tutti i militari da Cividale

La caserma Francescatto, sede dell’8° alpini, si svuoterà in anticipo rispetto ai tempi previsti
Udine 24 maggio 2016. Caserma Francescatto. © Foto Petrussi
Udine 24 maggio 2016. Caserma Francescatto. © Foto Petrussi

CIVIDALE. Tre mesi d’anticipo, rispetto alle previsioni. Scatterà il primo settembre, e non a fine dicembre, il trasloco del contingente di stanza alla caserma Francescatto di Cividale, sede del comando dell’8° alpini, destinato alla Feruglio di Venzone (che già ospita i reparti del corpo militare).

Gli oltre 400 soldati attualmente dislocati nella città ducale dovrebbero beneficiare, in parte - in linea con quanto annunciato dal sindaco Balloch in un recente consiglio comunale -, di un trasferimento alla caserma Lesa di Remanzacco (dove confluiranno le forze militari ora attive a Tolmezzo), ma «la parte più debole dell’8°, la truppa cioè, rischia di essere inviata in blocco a Venzone».

Lo dice, sulla base di informazioni raccolte negli ambienti del reggimento, il consigliere regionale e comunale Roberto Novelli, che ha più volte stigmatizzato il silenzio delle istituzioni sulla vicenda e che attribuisce adesso la «poco comprensibile accelerazione» dei tempi dello spostamento e l’incertezza sul ricollocamento del personale al fatto che le alte sfere dell’esercito «hanno avvertito la scarsa resistenza della politica locale».

Eppure le conseguenze per la cittadina longobarda non saranno di poco conto: la maggior parte degli alpini che operano alla Francescatto, infatti, ha casa e famiglia a Cividale o nei centri vicini e ha già iscritto i propri figli nei plessi scolastici della zona.

«Gli uomini dell’8° - rileva il consigliere - andranno in una caserma che sembra non ancora adeguata ad accogliere tutto il reggimento: circolano pure voci di problemi igienico sanitari». Per non parlare, poi, dei risvolti economici del caso. Il disagio dello spostamento di centinaia di persone sarebbe infatti compensato «da un contributo fino a 7 mila euro a persona in due anni più un sussidio una tantum di 750 euro per il personale senza famiglia e di mille per quello con famiglia».

Restano infine le forti perplessità per il piano di recupero delle strutture condannate alla dismissione, atto ultimo di una vicenda che si trascina ormai da parecchi anni ma che durante i due mandati del sindaco Vuga aveva ottenuto il "congelamento", grazie all'interessamento delle amministrazioni locali e di quella regionale. Quanto denaro servirà? Da dove arriverà? E quanto tempo ci vorrà perché il Comune abbia la disponibilità degli immobili?

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