Da Naipaul a Olmi:«Qui la schiettezza è sempre di casa»

Il nuovo secolo del premio Nonino si era aperto già da tempo, almeno da quando al tavolo della giuria si sono seduti uomini attenti ai cambiamenti epocali, alle spinte dal basso che la società e la storia stavano rendendo impellenti. È per questo che la trentaquattresima edizione del premio rende ancora una volta unanimi i giurati sotto un comune sentire: gli ultimi stanno riconquistando un loro spazio nel mondo, la storia restituisce ampio margine all’evidenza di chi, solitamente, scompare sotto il flusso di quella che viene chiamata la “Grande Storia”.
Così la pensa il presidente della giuria, lo scrittore Vidiadhar Surajprasad Naipaul. «È molto significativo assegnare il premio a Hugh Thomas – dice il Nobel per la Letteratura nel 2001 –, uno studioso che ha ridato, tramite le sue opere, visibilità a milioni di donne e uomini tormentati dalla schiavitù».
Impressioni confermate da Antonio Damasio, una delle massime figure a livello mondiale nel campo delle neuroscienze, che giudica particolarmente importante i risultati ottenuti nelle ricerche storiche svolte da Thomas. «Ma anche l’assegnazione del premio a Chimamanda Ngozi Adichie – sottolinea Damasio – coincide con un rinnovato interesse verso l’Africa nel momento in cui alla guida degli Stati Uniti è stato eletto un afroamericano». Questo conferma una cosa, aggiunge il professore portoghese, ma naturalizzato statunitense: «L’originalità e la grande onestà intellettuale di questo premio nato in Friuli».
In perfetta linea d’onda con tali affermazioni anche Emmanuel Le Roi Ladurie che sottolinea l’intelligenza intellettuale delle scelte operate dalla giuria: «Dopo anni di frequentazione di questo premio – afferma lo storico francese – la sua autenticità continua ancora a meravigliarmi».
Africa, contadini, schiavitù: questi i temi che sono stati al centro nell’edizione 2009 del premio Nonino. Temi che anche per Ermanno Olmi rappresentano qualcosa di particolare: «Sono segnali che confermano un’urgenza che coinvolge totalmente l’uomo in questi anni», dice il regista dell’insuperato
L’albero degli zoccoli
e del più recente
Cento chiodi
.
«Questo premio sa cogliere sempre l’attualità in modo schietto – dice invece il filosofo e sociologo francese di origine ebrea sefardita Edgard Morin -. Allo stesso modo in cui le lotte contadine studiate da Silvia Pérez-Vitoria si rapportano con la singolarità dei vostri malgari carnici». O come una certa indagine ci ricorda che l’intera storia d’Occidente si fonda sullo schiavismo.
L’unico componente della giuria al quale è impossibile carpire un’impressione a livello di intervista sull’edizione 2009 del Nonino è, come tradizione vuole, Claudio Magris. Lo scrittore triestino, con la consueta elegante cordialità, declina qualsiasi invito a esporsi sul premio: «Sono trentaquattro anni che non dico niente a nessuno, non vorrà che inizi proprio ora». L’autore di
Danubio
,
Microcosmi
e
Infinito viaggiare
nemmeno se preso alla sprovvista rinuncia al proverbiale aplomb. «Posso espormi su qualsiasi argomento, ma non su un premio nel quale, storicamente, faccio parte della giuria».
Alla fine, però, il rigoroso germanista, guardandosi attorno, una chiosa se la permette: «Cosa vuole che dica? Questo è il Nonino».
Alessandro Montello
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