Cura Di Bella, tre pazienti ancora rimborsati

In tempi di vacche magre per la sanità, accade che i pochi soldi pubblici a disposizione debbano essere usati per rimborsare terapie che, secondo la comunità scientifica, non sono efficaci.
In provincia di Pordenone ci sono tre pazienti che si curano ancora con la multiterapia Di Bella e la magistratura ha imposto che i farmaci che utilizzano siano rimborsati dal servizio sanitario regionale.
La storia della multiterapia Di Bella ha rappresentato un capitolo importante nella storia delle cure oncologiche in Italia: una terapia che ha spaccato il Paese, diviso tra chi era convinto che guarisse e chi, comunità scientifica compresa, no.
Con decisioni del Pretore di Pordenone del 1998 era stato disposto che fosse l’Azienda sanitaria a sostenere il costo dei farmaci utilizzati per la multiterapia.
Nel 2014 sono state tre le persone in provincia che si sono curate con il metodo finanziato dall’Azienda sanitaria: una spesa complessiva di 4 mila 200 euro, messi a carico dei distretti sanitari di appartenenza delle persone ammalate dietro domanda presentata dalle stesse. Il pretore, infatti, aveva disposto che l’Ass provvedesse al rimborso della spesa per i farmaci dal momento che gli stessi non potevano esseredisponibili nella farmacia aziendale.
La multiterapia Di Bella era stata ideata dal medico siciliano Luigi Di Bella, che esercitava a Modena. È basata sulla somministrazione di somatostatina, bromocriptina, ciclofosfamide, melatonina e alcune vitamine (E, C, D oltre a uno sciroppo di retinoidi). Caratteristica della terapia è la personalizzazione della cura in base al singolo paziente, con dosaggi e componenti potevano subire variazioni in base allo stesso. Dopo la morte del medico, la terapia è portata avanti dai figli.
Alla metà degli anni '90 nacque un grande dibattito sulla efficacia della cura. Nel 1999 l'allora ministro della sanità Rosy Bindi avviò una sperimentazione che sancì l'inefficacia terapeutica della cura Di Bella. Successivamente vennero studiate le curve di sopravvivenza delle persone sottoposte alla cura: l’esito ne confermò l’inefficacia. Nel 2005 nuova bocciatura dal Consiglio Superiore della sanità. Nonostante ciò, in alcuni casi, dopo la pronuncia della magistratura, la cura viene ancora somministrata e rimborsata dall’ente pubblico.
Una storia che si sarebbe ripetuta, diversi anni dopo, con il metodo Stamina. (d.s.)
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © Messaggero Veneto