Crimini a Nordest: Monica Zornetta riapre il "caso Ludwig"
Dalai pubblica "Storie di fuoco, sangue, follia". L'ipotesi che i serial killer degli anni 80 non fossero soli

PORDENONE. Monica Zornetta ha una capacità innata di narrare e indagare i lati oscuri del Nordest, soprattutto i lati oscuri dell’anima dei personaggi che questo Nordest lo hanno dipinto del nero della paura e del sangue di efferati omicidi.
«A me da ragazzina piaceva il dark», mi disse una sera a Padova mentre al festival Sugarpulp presentavamo assieme i nostri rispettivi libri, unici scrittori del festival, io e lei, a narrare storie tratte dalla realtà quotidiana. Tra i suoi lavori ricordo Terrore a Nordest (Rizzoli) e il libro che è da poco uscito Ludwig. Storie di fuoco, sangue, follia (Dalai editore).
Quelle che racconta Monica Zornetta nei suoi libri-indagine sono storie vere, agghiaccianti, dove forse nemmeno la fantasia potrebbe arrivare. Saggistica letteraria che sfiora trame alla Stephen King e alla Truman Capote. È il caso di Ludwig, la diabolica coppia di serial killer che tra gli anni Settanta e Ottanta ha seminato, partendo proprio dal Nordest, il terrore in Italia e in Germania, massacrando e bruciando chi non rispettava i suoi rigidi criteri morali, in particolare omosessuali, senzatetto, tossicodipendenti.
Cos’è Ludwig, scritta rimasta nella memoria collettiva, ma che senza il suo romanzo forse si stava perdendo nel tempo?
«A dispetto dei processi e delle sentenze, resta un mistero. I volti di Ludwig, di questo serial killer anomalo, costituito da due giovani istruiti, di buona famiglia, sono quelli di Wolfgang Abel e di Marco Furlan, tedesco di Monaco di Baviera il primo, veneto il secondo. I due sono stati ritenuti responsabili di dieci omicidi avvenuti dal 1982 al 1984 in Italia e all’estero. A fermarli è stato l’arresto, nel 1984, all’interno della discoteca Melamara vicino a Mantova: vengono bloccati mentre cercavano di bruciare vivi 400 ragazzi. Sono stati condannati a 30 anni in primo grado perché ritenuti seminfermi di mente, divenuti 27 in appello e in Cassazione confermati. Ma è l’anima nera di Ludwig a essere ancora avvolta dai pesanti veli del mistero. A oggi nulla si sa circa il significato del nome e le protezioni che i due hanno ricevuto dall’esterno».
Come e dove vivono oggi Wolfgang Abel e Marco Furlan, i neri protagonisti di questa deviata e tragica storia?
«Wolfgang Abel, scontati 23 anni di carcere vive a Negrar. Lavora come trattorista in una azienda agrituristica della zona. È ritenuto ancora socialmente pericoloso e per questo gli è stata di recente rinnovata la libertà vigilata: una misura che lo obbliga a sottostare ad alcuni precisi vincoli. Nel libro racconta per la prima volta tutta la sua verità. Furlan, scontati 16 anni, è oggi un uomo totalmente libero. Vive a Milano, ha conseguito una seconda laurea in carcere, lavora in un’agenzia di informatica».
C’era o c’è ancora un legame tra loro, l’ideologia nazista e il moderno Nordest?
«Dobbiamo considerare che i fatti delittuosi firmati Ludwig sono avvenuti quando il mondo era diviso in due blocchi contrapposti e in Italia “pioveva” piombo. Erano gli anni dei sequestri e delle azioni terroristiche firmati dalle Brigate rosse, ma erano anche gli anni delle stragi nere. Dobbiamo poi considerare che il focus della vicenda Ludwig è Verona, la città delle trame nere, della Rosa dei Venti, dei Nuclei di difesa dello stato, di Ordine nuovo, del Mpon, della base Nato, delle lobby massoniche, dei cattolici tradizionalisti».
Crede abbiano fatto tutto da soli, o potrebbero esserci dei complici ancora a piede libero dopo molti anni?
«Io sono convinta che dietro Ludwig ci siano altre persone: Abel e Furlan sono quelli che commettevano i delitti. Molti episodi, d’altronde, dicono con chiarezza che con loro c’erano altri. Nel libro faccio un’ipotesi: quella che persone legate all’organizzazione bolognese e con diramazioni veronesi Ronde Pirogene Antidemocratiche, a esempio, possano aver fatto parte anche di Ludwig. Fa riflettere e inquieta il fatto che, a cosí tanti anni di distanza dai fatti, e dopo tutti quegli anni di carcere, i due non abbiano mai confessato. Nessun nome è stato pronunciato da loro».
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