Cresce l’onda rosa, dal Friuli alla Sicilia

GEMONA. «Quando mi ha vista in divisa e con il cappello da alpino, nonna si è messa a piangere. Non le avevo detto, quando sono partita, che mi arruolavo nelle penne nere. Nonno, alpino vecchio stampo, purtroppo non ho fatto in tempo a conoscerlo, è mancato nell’89».
Laura Persello, 30 anni, di Gemona, primo caporal maggiore del 3° reggimento artiglieria terrestre da montagna di Tolmezzo, in montagna ci è nata, e arruolarsi negli alpini, nel 2008, è stata la cosa più naturale per lei. Lo stesso per Margherita Segafredo, 27 anni, nata sull’Altopiano di Asiago, caporal maggiore del 2° reggimento genio guastatori di Belluno, che come Laura ha avuto il nonno negli alpini.
«Non l’ho mai conosciuto se non tramite i racconti di nonna e mamma – spiega Margherita - E’ stato un reduce della campagna di Russia, è mancato molto giovane. Ma il cappello da alpino lo vedevo girare in famiglia dove tutti gli zii, come il nonno, hanno prestato servizio nel corpo. Fin da piccola ho sempre pensato che prima o poi quel cappello dovevo indossarlo anch’io».
Francesca Buscemi, 31 anni, viene invece dal mare, da Caltanissetta, è caporal maggiore scelto nell’8° reggimento di Cividale del Friuli, e nelle penne nere si è voluta arruolare nel 2005 perché affascinata dai valori che rappresenta e che riesce a trasmettere questa specialità dell’esercito.
«Quando sentivo parlare degli alpini, si rimarcava sempre il grande spirito di corpo che vivevano e quanto fossero vicini alla popolazione. Ora che indosso questo cappello, emblema di riconoscimento, mi rendo conto di quanto la gente ci voglia bene. Quando ci parla, è allegra, sorride sempre». Tutte e tre le alpine appartengono alla brigata “Julia”.
Sono passati quasi 15 anni da quando la legge 380/1999 ha consentito l’accesso femminile al mondo militare. Una svolta epocale in Italia, salutata da qualche polemica. Oggi, nessuno più si stupisce di vedere una donna in divisa ottemperare le stesse mansioni di un commilitone, neanche in un corpo impegnativo come quello degli alpini.
Laura ha fatto la scuola di tiro, e ora è tavolettista, addetta ai mezzi di lancio come i mortai. Margherita si cimenta in tutte le attività alpine come sci, arrampicata, roccia, marcia ed è guastatore mine. In Afghanistan è stata mitragliere alla ralla.
La siciliana Francesca ha fatto marce, poligono di tiro, corsi di roccia, è stata tre volte in Afganistan. Nessuna di loro ha trovato difficoltà di genere. Anzi, lo spirito di corpo e di amalgama proprio degli alpini, le ha aiutate in meglio. Per le donne alpine, ma per tutte quelle in divisa, una differenza, con i colleghi maschi, ancora c’è. Si sposano prevalentemente o hanno per compagni i commilitoni, mentre i militari hanno una partner quasi sempre tra la società civile.
Mentre Margherita è orgogliosamente single, Laura ha per compagno un ex-alpino, e Francesca si è sposata con un collega con cui si è pure trovata in missione a lavorare. La società militare ha compreso appieno il ruolo della donna in divisa, cosa che stentano ancora a riconoscere gli uomini della società civile.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © Messaggero Veneto