Costa 3,5 milioni risanare i terreni e i tetti in eternit

La bonifica resta il nodo da sciogliere per il Piano di recupero valido fino al 2019 L’Azienda sanitaria esclude l’incapsulamento delle lastre, vanno rimosse
Udine 26 Marzo 2018 degrado ex Bertoli © Petrussi
Udine 26 Marzo 2018 degrado ex Bertoli © Petrussi

La stima è da capogiro: bonificare l’area dismessa dell’ex acciaieria Bertoli che si estende su oltre 11 ettari di terreno, costa 3,5 milioni di euro. Questa la valutazione effettuata ai tempi della presentazione del Piano particolareggiato per rimuovere i pannelli in eternit ancora presenti sulle coperture dei capannoni ormai fatiscenti e risanare il terreno sottostante tra le vie Fusine e Molin Nuovo. Diciamo subito che per effettuare l’intervento ordinato dal Comune al commissario e al liquidatore della Progetto Udine srl, la società che aveva acquisito l’area e che ora sta tentando di venderla, la spesa è inferiore. Ma il problema resta e rischia di diventare determinante anche per l’eventuale sviluppo della zona.

Iniziamo dal rimpallo delle competenze. Il dirigente del Comune, Marco Disnan, ha indirizzato l’ingiunzione al commissario e al liquidatore giudiziale del concordato Progetto Udine srl, Carlo Luigi Rossi e Giuliano Buffelli, dopo aver ricevuto le relazioni dei tecnici dell’Azienda sanitaria e dell’Arpa intervenuti a seguito di alcune segnalazioni ricevute nel tempo. L’Azienda sanitaria ha effettuato un primo sopralluogo nel 2014, un secondo due anni dopo e lo scorso anno, a seguito dell’ennesima segnalazione, ha suggerito al Comune di emettere l’ordinanza. Secondo i tecnici dell’Asui che hanno analizzato la situazione anche attraverso le riprese del drone in dotazione alla polizia locale, la bonifica non è più procrastinabile. Non è neppure possibile procedere attraverso l’incapsulamento delle fibre di amianto, le condizioni dei pannelli in eternit richiedono solo la rimozione e lo smaltimento del materiale.

Che la situazione sia preoccupante nessuno lo mette in dubbio. Resta da capire, però, chi deve intervenire. L’avvocato Aldo Algani di Bergamo, difensore di Buffelli e Rossi, che ha depositato il ricorso al Tar per chiedere l’annullamento dell’ingiunzione emessa lo scorso 7 dicembre, riconosce che il problema è grosso, ma nello stesso tempo spiega che il provvedimento non è eseguibile da parte della Procedura di concordato preventivo che svolge le funzioni di gestione e amministrazione volte al possibile soddisfacimento dei creditori. Ovviamente, il legale del Comune, Giangiacomo Martinuzzi, la pensa diversamente citando aggiornamenti giuridici che obbligano anche i commissari a intervenire nel caso di risanamento ambientali. Staremo a vedere. Un incontro tra il consulente della Procedura di concordato e il Comune c’è già stato. L’ingiunzione concede un anno di tempo per rimuovere e smaltire l’eternit ancora presente nell’area dismessa.

Il liquidatore giudiziale di Progetto Udine srl, la società proprietaria in concordato preventivo e in fase di liquidazione, sta tentando di vendere l’area anche se due tentativi sono già andati deserti. L’importo a base d’asta è sceso a 8,6 milioni. Due i motivi per cui non sarà facile trovare i compratori: l’uso residenziale dell’area che cozza con l’andamento del mercato immobiliare (la Procedura di concordato punta alla modifica del Piano regolatore) e i costi della bonifica che incidono non poco nel piano di investimento.

A questo punto la domanda non può che essere: cosa succederà se il Tar accoglierà il ricorso del commissario e del liquidatore? Chi bonificherà l’area? Impossibile rispondere anche se il Piano particolareggiato depositato a palazzo D’Aronco è attivo fino al 2019 e, sulle opere urbanistiche e di bonifica, l’operazione è garantita dalle fidejussioni rilasciate dalla proprietà. È abbastanza probabile, però, che il Comune prima di escutere le fidejussioni preferisca attendere fino alla scadenza del Piano particolareggiato proprio perché i costi della bonifica del terreno e dell’amianto potrebbero lievitare rispetto alla stima effettuata in passato. Insomma, questa sarà la prima grana che dovrà risolvere la prossima amministrazione di palazzo D’Aronco.

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