«Così sconfiggiamo gli abusi bancari»

Pordenone. Parla Bortoletto, simbolo del no all’usura: oltre 60 imprese e piccoli risparmiatori pordenonesi gli hanno già chiesto aiuto
FOTO MISSINATO - REGIONE
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PORDENONE. Come Davide contro Golia. É la storia di un imprenditore edile di Vigonza che alle soglie dei 60 anni comincia una battaglia contro le banche fino a diventare, di vittoria in vittoria, un simbolo per i correntisti italiani. Dopo il successo del primo libro “La rivolta del correntista“, Mario Bortoletto nel 2014 ha cambiato vita.

Ora è consulente e referente di migliaia di correntisti italiani che si sentono vessati e ha fondato il movimento “Contro gli abusi e l’usura bancaria”, del quale è presidente. Fornisce consulenza e sostegno a chiunque sia in difficoltà con le banche: più di mille perizie in un anno, contenziosi chiusi con diverse banche italiane, in alcuni casi addirittura per cifre a sei zeri. Sono oltre 60 i pordenonesi che, ad oggi, si sono rivolti al movimento.

Carneade contro il potere. L’altra sera, nell’auditorium della Regione, Bortoletto ha presentato il suo ultimo libro intitolato “Contro gli abusi delle banche” in un affollato incontro organizzato dalla lista civica Nuova Pordenone, introdotto da Giuseppe Pedicini e moderato dal vicedirettore del Messaggero Veneto Giuseppe Ragogna.

«È una storia vera eppure, leggendo il libro, sembra di trovarsi di fronte a un romanzo di fantascienza – ha sottolineato Ragogna –. La storia di un Carneade che non esita a fare causa alle banche che incarnano il potere assoluto, avviando cause legali per un’ipotesi di reato pesante come l’usura. Bortoletto spiega come ci si difende, come si può evitare di farsi fregare, ed è uno spaccato dell’economia del nostro Nord est, ovvero il caso di un piccolo imprenditore che dopo anni di crescita si trova in difficoltà, aspetta soldi dallo Stato, si espone con le banche che chiedono il rientro immediato ed è costretto a vendere alcune proprietà. Ma Bortoletto ha deciso di reagire e di combattere i soprusi».

La scintilla della “rivolta”. Tutto comincia quando la banca chiede all’imprenditore di rientrare da uno scoperto di 22.500 euro. «Era un conto corrente che usavo per le spese di casa – ha premesso Bortoletto, oggi 66enne e in gran forma –. Una piccola cifra, ma veniva richiesta con insistenza e con la minaccia di una segnalazione alla centrale dei rischi (sistema informativo che mostra la situazione debitoria e che di fatto impedisce di ricevere altri prestiti ndr). Ho spiegato che stavo per completare delle costruzioni e avevo dei contratti, ma niente. Non ci dormivo la notte e mia moglie ha cominciato a preoccuparsi. É stata lei a prendere in mano la situazione. Mi ha detto che aveva sentito di imprenditori che avevano fatto causa alle banche. Ho cominciato a documentarmi e ho capito che avrei dovuto chiedere una perizia econometrica sul conto corrente».

Una decisione presa dopo aver preso coscienza dell’ enormità degli interessi pagati in tanti anni.

“Tassi usurari”. La perizia è consistita nel controllo di tutti i conteggi fin dall’inizio del rapporto. É risultato che la banca aveva applicato dei tassi altissimi al punto da oltrepassare il “tasso soglia”, e nella mente di Bortoletto si è fatta strada la convinzione di aver subìto l’applicazione di “tassi usurari”, situazione che pone l’istituto di credito in una posizione di responsabilità economica e penale.

Forte della perizia, ha deciso di affrontare il “nemico”.

La rivincita in filiale. «Mi aspettavano in due – ha raccontato –: “Ci deve 22.500 euro”. Ho risposto: “D’accordo, ma almeno mi farete uno sconto visto che sono vostro cliente da ben 16 anni”. E loro: “Uno sconto? Una banca che fa sconti non si è mai sentita. Al massimo 100 euro». A quel punto tutto era pronto per la rivincita in grande stile.

«Ho firmato davanti ai loro occhi un assegno di ben 30 mila euro. Mi hanno guardato increduli e ho spiegato: “Se mi potete fare uno sconto massimo di 100 euro vuol dire che questa banca è massa davvero male. Allora voglio venirvi incontro dandovi di più”. Ho staccato l’assegno facendo finta di consegnarlo e poi ho detto: “Prima, però, dovete vedere questa” e ho tirato fuori la perizia dalla quale risultava che a fronte dell’applicazione di interessi usurari sarebbero stati loro a dovermi dei soldi. Si sono inalberati: “Passiamo la cosa al nostro ufficio legale”. “Bravi, vediamo che dicono. Qui ci sono 37 mila euro di applicazione di tassi oltre soglia” ho risposto, e il loro atteggiamento ha cominciato a cambiare: “Come può dirci questo dopo 16 anni che lavoriamo insieme?”. Sono usciti cinque minuti a confabulare e poi con un sorrisone mi hanno offerto prima 5 mila e poi 10 mila euro. “Ci vediamo in tribunale” ho risposto».

La causa legale. «Il giudice dopo 18 mesi mi ha dato ragione: la banca è stata condannata a pagare 90 mila euro compresi interessi, spese e costo della perizia. Attualmente ho avviato in tutto 8 cause e ne ho già vinte 5. Non è sempre necessario fare causa. Intanto si affida la perizia a un professionista. Poi, prima di procedere con la citazione in tribunale, si tenta la mediazione e qui entra in scena il mediatore convenzionato, tra correntista e banca. Se l’istituto di credito non partecipa si fa la causa».

Come emerge l’usura. «Ci sono costi e calcoli di cui il correntista non si accorge, e alla fine partendo dal 10% un tasso può arrivare facilmente, come nel mio caso, a toccare il 27% – ha evidenziato l’imprenditore –. Quando il consulente tecnico nominato dal giudice verifica che il correntista ha ragione, rilevando il superamento del tasso soglia, la penale per la banca è in pratica quella di non aver più diritto agli interessi e da debitore il correntista si ritrova creditore».

I “comandamenti”. «Evitate di apporre delle firme a contratti seduta stante, senza leggere tutte le pagine e le clausole – ha consigliato Bortoletto –, e non firmate l’assenso a variazioni unilaterali. Conservate tutti gli estratti conto, anche i conti vecchi. Per esperienza posso dire che una perizia econometrica serve sempre, anche quando non si hanno problemi, se non altro per capire come si è stati trattati dalla banca e perché un istituto di credito può chiedere in qualunque momento il rientro di un fido. L’importante è non lasciarsi scoraggiare. Il 50 % dei correntisti, dopo il no della banca alla mediazione, si arrende e poi la metà di chi resiste finisce per rinunciare temendo di doversi sobbarcare pesanti spese legali. Infine, occhio alla prescrizione decennale».

I tribunali. «É risaputo che, di recente, 70 giudici sono andati a scuola antiusura dall’Abi (Associazione bancaria italiana) ma in genere le rivendicazioni dei correntisti vengono tenute in considerazione. Magari ci possono essere differenze tra tribunale e tribunale ma di solito si vince, magari in appello. In caso di vittoria si può beneficiare anche di temporanea inesigibilità o si può essere sollevati da adempimenti fiscali».

Forti con i piccoli. «La certezza – ha sostenuto Bortoletto – è che le banche “vanno a nozze” soprattutto con le piccole imprese, come le aziende friulane, e i piccoli correntisti. Favoriscono, invece, i grossi investitori. Cercate di non fidarvi e di verificare tutti gli aspetti del vostro conto».

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