Corruzione, la banca esce di scena

CIVIDALE. La Banca di Cividale spa è uscita dall’inchiesta che la Procura di Udine aveva avviato nella primavera scorsa, sulla scorta delle dichiarazioni rese dal commercialista Franco Pirelli Marti (all’epoca in carcere) e dall’immobiliarista veneto Gianni Moro (poi a sua volta finito sotto inchiesta), per alcune ipotesi di reato di estorsione e corruzione tra privati formulate a carico di tre suoi manager (due dei quali nel frattempo licenziati). Iscritto sul registro degli indagati in virtù del decreto legislativo che ha introdotto il concetto di responsabilità amministrativa delle società per reati commessi da loro dipendenti, l’istituto di credito è risultato quindi del tutto estraneo alle accuse contestate ed è stato così escluso dal prosieguo delle indagini. Il decreto di archiviazione a firma del procuratore aggiunto, Raffaele Tito, titolare di questo e degli altri fascicoli relativi all’inchiesta, porta la data del 29 agosto. La notifica ai vertici della banca, invece, è di questi giorni.
L’imputazione. Articolato per lo più su questioni di diritto, il provvedimento si chiude sostenendo «l’inutilità di tenere in piedi una contestazione per la spa». A far finire nei guai la banca erano state le contestazioni mosse all’ormai ex direttore generale, Luciano Di Bernardo, al suo vice e altrettanto ex, Gianni Cibin, e al presidente della Popolare, Lorenzo Pelizzo. Il decreto legislativo 231/01, infatti, prevede che a rispondere delle presunte condotte illecite di amministratori, manager o dipendenti sia anche la società dalla quale dipendono. La responsabilità amministrativa, in altre parole, è estesa pure alle persone giuridiche. Non, però, nel caso della Cividale.
Il decreto del pm. «Si osserva che in effetti, come ricostruisce la difesa dell’ente - scrive il pm nel decreto (che, trattandosi di 231/01, non necessita del vaglio del gip) -, la riforma dei reati della Pubblica amministrazione è entrata in vigore dal 28 novembre 2012 e quindi attiene a fatti commessi successivamente». Da qui, l’impossibilità di applicare la norma all’ipotesi della corruzione tra privati, peraltro la sola delle due contestata alla spa. «Per il resto - ribadisce il magistrato -, la contestazione ex art.629 (l’estorsione, ndr) attribuita ai vertici e in danno degli imprenditori (Moro e Pirelli Marti) è esclusa dal 231/2011».
La difesa. Decisiva, ai fini della positiva risoluzione della vicenda, già in fase di indagini preliminari, la memoria depositata nei mesi scorsi al pm dall’avvocato Emanuele Fisicaro, legale di fiducia della banca. Delle argomentazioni portate dal difensore è stata valorizzata, in particolare, la parte relativa ai ruoli giocati dai soggetti in causa. «Va detto - si legge nel decreto - che la responsabilità dell’ente è solo per il comma 3 dell’articolo 2635 e, quindi, riguarda la posizione del corruttore e non del corrotto. I tre indagati, ai vertici della banca, sono qui nella veste di corrotti e non di corruttori». Alla Cividale, insomma, non solo non è attribuibile alcuna responsabilità, ma va anzi riconosciuto il patimento di un danno.
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