Corruzione, indagato l’ex ad di Pilosio

UDINE. Lo accusano di avere versato tangenti, per garantire appalti a sei zeri all’azienda che amministrava.
Proprio lui, che con la sua lunga e riconosciuta esperienza manageriale era riuscito a resuscitare e rilanciare sul mercato mondiale una società sull’orlo del tracollo, si ritrova di punto in bianco indagato per uno dei reati più odiosi (e, altresì, più difficili da dimostrare) nel panorama delle fattispecie contro la pubblica amministrazione: la corruzione internazionale.
Dario Roustayan, 50 anni, italoiraniano residente a Udine, ex presidente ed ex amministratore delegato della “Pilosio spa” di Feletto Umberto, ha appreso dell’inchiesta a suo carico martedì, all’arrivo dei finanzieri nell’abitazione di via Anton Lazzaro Moro, dove abita con la famiglia, con un decreto di perquisizione e relativa informazione di garanzia.
E per il “fu” ceo dell’azienda di costruzioni industriali è stata la seconda tegola sulla testa in poche settimane: il suo siluramento dalla Pilosio dopo sei anni di brillanti risultati risale a fine gennaio.
Affari dall’Arabia al Canada
Pochissime le notizie finora trapelate dalla Procura, dove il fascicolo è stato aperto proprio all’indomani, o quasi, della revoca delle deleghe a Roustayan. A mettere in moto la macchina investigativa, si limitano a riferire gli inquirenti, è stata «l’attività informativa della Guardia di finanza».
Il che, in molti casi, significa semplicemente che qualcuno, una “gola profonda” spesso vicina o interna agli ambienti segnalati, ha deciso di rivolgersi alla Polizia giudiziaria e di metterla al corrente di fatti a lui noti. Tutti da verificare, s’intende.
Lo stringato capo d’imputazione notificato all’indagato, per il momento, parla soltanto di una presunta corruzione internazionale continuata, finalizzata a procurare alla Pilosio appalti all’estero. E cioè in una serie di Paesi, tra cui figurano sicuramente l’Arabia Saudita, l’Algeria, il Canada e, a quanto appreso, anche il Messico.
Le perquisizioni della Finanza
Le commesse finite sotto la lente del pm Marco Panzeri, il magistrato che coordina le indagini, sono quelle ottenute a partire dal 2011 e fino al 2015. Alcuni dei cantieri risultano ancora aperti.
Il valore complessivo delle opere non è stato ancora quantificato, ma - stando anche alle notizie di volta in volta apparse sulla stampa per annunciare ogni nuovo affidamento - è noto trattarsi di lavori per diverse decine di milioni di euro.
Riserbo totale, invece, sull’ammontare delle “bustarelle” che sarebbero state pagate per ottenere gli incarichi. Ed è proprio questo che i finanzieri stanno cercando di chiarire e, prima ancora, di provare. Le perquisizioni eseguite sia nella sede dell’azienda, in via Enrico Fermi, sia nell’abitazione di Roustayan e di sua moglie, a sua volta dipendente della Pilosio e sottoposta a perquisizione (ma non per questo iscritta sul registro degli indagati), oltre che a casa di un’altra dipendente (pure non indagata), puntavano a trovare documentazione relativa agli appalti in parola e alle relative movimentazioni di denaro.
Non solo. Perchè se, come sostiene la Procura, le amministrazioni pubbliche estere sono state “oliate”, significa che esistevano anche provviste a ciò deputate. Fondi neri, insomma, pronti all’uso.
Nei guai anche la società
E visto che nell’ipotesi accusatoria si parla di tangenti finalizzate a favorire gli interessi della società, a finire sul registro degli indagati è stata anche la stessa Pilosio (nella persona del suo legale rappresentante “pro tempore” Renato De Sabbata, che quindi è chiamato a rispondere non come persona fisica), in virtù della normativa contenuta nel decreto legislativo n. 231 del 2001, che disciplina la responsabilità penale dell’azienda per reati commessi da propri amministratori o dipendenti. Immediata la presa di distanze del gruppo.
«Pilosio spa dichiara l’estraneità della società e degli attuali amministratori e dirigenti rispetto a fatti-reato – fa sapere una nota, attraverso l’avvocato Cristina Vicario –. La società ha sempre operato, sia in ambito nazionale che internazionale, con massima correttezza e trasparenza nel rispetto della legalità. Pilosio si impegna a fornire la massima collaborazione alla magistratura, affinché quanto prima sia fatta chiarezza sulla propria estraneità alle vicende in questione».
Si scava nelle mail
L’inchiesta è alle battute iniziali e, come intuibile, la situazione è ancora molto fluida. Oltre che non facile da dipanare, visto che una parte delle possibili conferme ai sospetti investigativi si troverebbe negli Stati esteri con cui la Pilosio ha lavorato.
Per il momento, l’attenzione è concentrata sul materiale sequestrato martedì: quello contenuto nei personal computer di cui è stata fatta copia forense, a cominciare dalla posta elettronica, e quello conservato nel resto della documentazione prelevata.
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