Cormòns, cronaca di un’occupazione militare

Una mostra racconta la Prima guerra mondiale vista dalla parte dell’Impero austro-ungarico

NS. Mentre a Gorizia si ricorderà la Grande guerra con l’esaltazione dell’orgoglio italiano tramite la manifestazione indetta da CasaPound, a Cormòns la visione dell’avvio del primo conflitto mondiale è del tutto diversa, decisamente più austrocentrica. Lo si può notare da un importante evento culturale che prenderà il via domani, alle 18.30, nella sede della Società Cormonese Austria, e che denota come storicamente la popolazione del centro collinare guardi con poco favore alla conquista italiana della città, allora fieramente asburgica.

L’interessante mostra “Cormòns 1915-1918: la guerra in casa/ Cronaca di un’occupazione militare” darà così un’idea di come per la comunità sullo Judrio l’addio all’Impero non sia stato dei più semplici. L’esposizione è curata direttamente dal presidente dell’associazione Giovanni Battista Panzera e ripercorre i drammatici momenti della presa italiana di Cormòns, avvenuta alle 11 del 24 maggio 1915, quando il regio esercito entrò nell’allora piazza Cumano: «Questa mostra è un omaggio che intendiamo fare alla comunità cormonese e illustra, con documenti, fotografie inedite e diari locali, soprattutto i problemi sociali venutisi a creare con la presenza di un nuovo e arrogante modo di amministrare da parte degli italiani, documentando gli accampamenti di questi ultimi sul territorio - spiega Panzera -. Nel mese di agosto 1916 erano ben 63 mila i soldati dell’esercito regio a fronte di una popolazione di 6 mila persone in cui la componente maschile era in gran parte assente. È una mostra in cui non vogliamo dimenticare i numerosi bombardamenti, i razionamenti e gli affetti divisi, con padri e mariti impegnati su un altro fronte di guerra combattendo con l’esercito austriaco in Galizia».

Tante le immagini, tutte scattate da parte italiana. Non mancano i personaggi noti: tra le particolarità, anche una foto del generale Cadorna sotto la statua di Massimiliano. Panzera ripercorre quei giorni drammatici dell’inizio delle ostilità a Cormòns: «Gli ufficiali italiani che entrarono la mattina del 24 maggio in municipio trovarono tutta la giunta comunale riunita. Così Cormòns si trovò la guerra in casa. Dall’oggi al domani tutto cambiò. La nuova amministrazione che agiva sotto stretto controllo dei militari iniziò con i ricatti. Se volevi mantenere la licenza di commercio, dovevi versare le sottoscrizioni a favore della Croce rossa e dei Prestiti nazionali, dovevi donare oro e argento per la Patria. I sospetti di fedeltà all’Austria venivano internati in paesi del centro e sud Italia».

Fu l’inizio di anni difficili anche per Cormòns e i cormonesi, che accettarono in molti casi non senza mugugni l’imposta italianità della città. In tanti nella cittadina collinare, ancora oggi, ricordano come i propri nonni siano morti a distanza di decenni sentendosi profondamente austroungarici nel cuore. Aneddoti esemplificativi, in tal senso, sono anche quelli ricordati dal cormonese doc Bruno Pizzul nella sua autobiografia: «Bisogna capire l’epoca - racconta -. I ragazzi nella Cormòns austroungarica andavano tutti a scuola raggiungendo un buon livello culturale, le donne del paese spesso e volentieri andavano a teatro a Trieste. Pochi chilometri più in là, in territorio italiano, non succedeva nulla di tutto questo: per questo i vecchi cormonesi hanno sempre mantenuto un’idea nostalgica dell’Impero».

Matteo Femia

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