Consiglio regionale: i vitalizi ci costano nove milioni l’anno

Sono 155 gli ex consiglieri regionali che ne beneficiano. La spesa a carico del bilancio scenderà solo dal 2018 in poi

UDINE. Sono 155 gli ex consiglieri regionali che fruiscono del vitalizio, avendo esercitato il mandato nelle legislature precedenti l’undicesima, cioè prima delle elezioni dell’aprile 2013, data a partire dalla quale il beneficio è stato cancellato.

Fanno parte della schiera: undici titolari con un’anzianità di servizio di vent’anni, ai quali spetta un assegno mensile netto di 4 mila 700 euro, 37 con tre mandati alle spalle (15 anni) e un mensile netto di 4 mila 300 euro, 50 con dieci anni di presenza e un netto mensile di tre mila euro e infine 57 con cinque anni di anzianità e mille 650 euro netti mensili.

Il costo a carico del bilancio 2014 del Consiglio sarà di 9 milioni di euro, ma l’onere si protrarrà per decenni, seppure in misura decrescente a partire dal 2018, fino alla scomparsa dell’ultimo degli aventi diritto (e dei suoi eredi). Un pesantissimo macigno per la spesa regionale.

Tra i prossimi fruitori del beneficio (vicini ai 60 anni) ci sono nomi illustri come gli ex presidenti di Giunta Renzo Tondo (appena cesserà dal mandato), Riccardo Illy e Sergio Cecotti.

Ammontare dei vitalizi. Gli assegni mensili netti erogati vanno dal minimo di mille 650 euro per chi ha svolto cinque anni di mandato al massimo di 4 mila 700 per coloro che sono stati presenti in Consiglio per quattro tornate. Dopo dieci anni la somma spettante è di tre mila euro, dopo quindici di 4 mila 300. Il diritto al vitalizio matura dopo cinque anni di Consiglio.

La prima legislatura regionale prese avvio il 26 maggio 1964, ebbe una durata di quattro anni (fino al 1968) e contò 63 consiglieri. Le successive ebbero cadenza quinquennale, con numero di componenti oscillante tra 68 e 60. Sotto l’incalzare della pressione popolare contro i privilegi della Casta e per la riduzione dei costi della politica, poco prima delle ultime elezioni (aprile 2013) una legge costituzionale di iniziativa regionale, approvata in tempi record, ha modificato il rapporto popolazione-eletti (elevandolo da 20 a 25 mila abitanti), il che ha comportato la riduzione del numero dei consiglieri da 59 agli attuali 49.

Dalla nascita della Regione e fino al 1995 la normativa allora vigente, che ricalcava quella nazionale per i parlamentari, consentiva al consigliere cessato dall’incarico di incassare l’assegno a 55 anni, con possibile anticipazione a 50. La legge 38 del 1995 ha elevato tale limite a 60 anni, ferma restando l’opzione a fruirne nel quinquennio precedente, con riduzione del 5% dell’assegno per ciascun anno dai 55 ai 60. Delle favorevolissime condizioni ante 1995 hanno beneficiato diversi ex consiglieri eletti anteriormente a tale data.

Ha suscitato scalpore (per citare un caso) la richiesta di erogazione anticipata avanzata nel luglio scorso dall’ex presidente di Giunta Alessandra Guerra, al compimento del cinquantesimo genetliaco. In precedenza un’altra collega, sempre della Lega, Viviana Londero, aveva percorso analoga strada e da un anno, essendo nata il 25 luglio 1962, incassa l’assegno.

Il vitalizio continua a decorrere anche se l’ex consigliere ottiene incarichi retribuiti in società pubbliche, cumulando i compensi. Perché in tali situazioni non è prevista la sospensione del beneficio o almeno la sua decurtazione? Gli esempi sono molteplici. L’ultimo in ordine di tempo riguarda Piero Colussi, dieci anni in Consiglio, prossimo sovrintendente di villa Manin con compenso annuo di 20-30 mila euro.

E' plausibile che egli (tra l’altro dipendente di azienda sanitaria) continui a percepire il vitalizio di 3 mila euro netti mensili? Si tratta di privilegi né accettabili né tanto meno economicamente sostenibili. Tra gli altri vantaggi tuttora riconosciuti agli ex consiglieri vi è la reversibilità del vitalizio: alla morte del titolare, il 60 per cento dell’ammontare passa al coniuge superstite o ai figli se in età di studio.

Si tratta di intoccabili (ma solo per loro) diritti acquisiti. A partire dalla presente legislatura, come detto, il vitalizio è scomparso. La presidente Serracchiani ha mantenuto la promessa fatta in campagna elettorale, eliminando il privilegio di cui i nuovi e i futuri consiglieri non usufruiranno più, con notevole beneficio (anche se a lungo termine) per le esauste casse della Regione.

La composizione. Nei primi decenni di vita il Consiglio regionale fu caratterizzato dalla massiccia presenza di esponenti democristiani, che governarono a lungo in Giunte monocolori, in maggioranze pentapartite o con i soli socialisti. Il primo scossone allo status quo si verificò nel 1993 (dopo Tangentopoli) con l’impetuoso arrivo a Trieste del gruppo leghista e con la presidenza di Giunta affidata a Pietro Fontanini. Il secondo sommovimento del panorama politico regionale si è materializzato nella primavera di quest’anno con l’ingresso in Consiglio, dopo le elezioni di aprile, del Movimento 5 Stelle.

Scorrendo l’elenco dei 155 beneficiari dei vitalizi, se ne contano ben nove eletti nella prima legislatura, nel lontano 1964. I decani, classe 1923, sono Silvano Bacicchi che, oltre ad aver occupato per nove anni lo scranno di piazzale Oberdan per il Pci, è stato pure parlamentare per 15 anni, e Giuseppe Skerk dell’Unione slovena. Li seguono a ruota (classe 1924) Gastone Andrian del Pci, Gianfranco Gambassini della Lista per Trieste e i democristiani Luigi Masutto e Silvano Pagura.

Sono nati nel 1925 i democristiani Antonio Tripani e Claudio De Ferra. Tra i veterani (non per età ma per numero di mandati elettivi) vanno annoverati Ferruccio Saro (20 anni in Regione e 14 in Parlamento), Ivano Strizzolo (dieci in Consiglio e 7 a Roma, ora membro della Paritetica), Angelo Compagnon (dieci più sette) e Roberto Visentin (5 in loco e 15 nella capitale). Personaggi di lungo corso possono essere considerati anche Roberto Antonione (presente per anni a Trieste e a Roma), Diego Carpenedo, carnico della Dc con 15 anni a Trieste e dieci in Parlamento, Gianfranco Cruder (Dc, per vent’anni consigliere, anche presidente di Giunta), Antonio Martini (quattro mandati, incluso uno al vertice del Consiglio), Paolo Micolini (10 anni consigliere e 15 senatore), Roberto Molinaro e Gianfranco Moretton, entrambi con 20 anni di presenza in Regione, Maria Santa Piccoli, la seconda donna entrata in Consiglio, dopo la storica “fondatrice” Emma Pittino, Aldo Gabriele Renzulli, attuale presidente della Quiete (vent’anni di politica equamente divisi tra Trieste e Roma) e l’ex sindaco di Udine Pietro Zanfagnini, con quattro mandati regionali, di cui l’ultimo si interruppe il primo ottobre 1990 per dimissioni a seguito dell’elezione a sindaco di Udine. Al suo posto entrò Lucio Cinti.

Vitalizi anticipati. Sono numerosi gli ex consiglieri che hanno optato per l’incasso anticipato del vitalizio (tra 55 e 60 anni o tra 50 e 55 se eletti prima del 1995). Oltre a Londero e Guerra, fanno parte della schiera (senza pretesa di completezza non disponendo di dati ufficiali) Nevio Alzetta, Piero Camber, Cristiano Degano, Gianpiero Fasola, Daniele Galasso, Isidoro Gottardo, Antonio Pedicini, Gianluigi Pegolo, Renzo Petris, Edoardo Sasco, Giorgio Venier Romano, Beppino Zoppolato. Da segnalare poi la singolarità di due casi. Gli ex consiglieri Giovanni Vio e Maria Teresa Bassa Poropat hanno frequentato il Consiglio per circa metà mandato, poco più di due anni e mezzo.

Queste le ragioni: Vio è stato dichiarato decaduto poco dopo la prima elezione ma successivamente è subentrato, come primo dei non eletti, a Ettore Romoli; la Poropat ha rassegnato le dimissioni da consigliere dopo l’elezione alla presidenza della Provincia di Trieste. Entrambi hanno usufruito dell’articolo 11 della legge del 1995 che consente (a chi ha maturato almeno trenta mesi di mandato) di maturare i cinque anni (requisito minimo) tramite contribuzione volontaria.

Va ricordato in proposito che, negli anni Novanta, ci fu addirittura un consigliere che, per favorire un amico passato in Regione come una meteora (per breve subentro), riuscì a far approvare una leggina che ridusse ulteriormente tale limite, portandolo a 18 mesi. Appena arrivato in Regione, Illy fece cancellare la norma, ma non è che quella dei 30 mesi (tuttora efficace) sia molto più giustificabile agli occhi del comune cittadino, che vede la propria pensione come un traguardo sempre più lontano.

Liste d’attesa. Il Consiglio ha iscritto a bilancio nove milioni di euro per pagare gli assegni da erogare nel 2014. Ma tale importo è destinato ad aumentare, almeno per alcuni anni, tenuto conto che si contano oltre una decina di ex consiglieri di età compresa tra 55 e 60 anni (tra cui Illy e Cecotti), prossimi a maturare il diritto. Alcuni di loro, volendo, potrebbero chiedere in qualsiasi momento la liquidazione anticipata delle spettanze.

Un’altra quindicina di ex eletti sono sotto i 55 anni ma, presto o tardi, si presenteranno a loro volta all’incasso. Ad alcuni titolari che già ne beneficiano, l’assegno è stato sospeso, essendo gli stessi rientrati in Consiglio (Santarossa) o eletti in Parlamento (Brandolin). Ma bisogna tener conto anche della vecchia guardia dei consiglieri eletti in legislature trascorse, sopravvissuti alla falcidia delle elezioni dell’aprile 2013 e riconfermati.

Rinuncia. C’è infine una piccola schiera di giovani consiglieri che, eletti nel 2008, hanno agguantato per la coda il diritto al vitalizio. Essi saranno, nei prossimi decenni, gli ultimi beneficiari del privilegio, salvo che non vi rinuncino, visti i tanti anni di attesa, optando per la restituzione dei contributi versati (oltre 20 mila euro l’anno), come hanno fatto alcuni loro illustri predecessori i quali, dovendo scegliere tra l’uovo oggi e la gallina domani (o dopodomani, considerata la giovane età), hanno scelto la prima soluzione, portando a casa belle sommette: da 123 a 355 mila auro, a seconda del tempo trascorso nelle aule consiliari.

Da notare infine che due esponenti politici di rilievo, Pietro Fontanini ed Ettore Romoli, titolari di vitalizi parlamentari, non compaiono tra i fruitori del vitalizio: il primo ha trascorso solo 9 mesi a Trieste e verosimilmente ha chiesto la restituzione dei contributi; il secondo ha avuto una presenza più lunga, quasi tre anni, ma ha preferito farsi rimborsare i contributi. Ultima annotazione. E’ facile dedurre che, nonostante la apprezzabile abrogazione voluta dalla presidente Debora Serracchiani, di vitalizi si sentirà parlare ancora a lungo. E per parecchi bilanci. Come si dice in questi giorni di scambi di auguri, ad multos annos.

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