Commovente saluto a “Pino” Santoro

In tanti ieri al cimitero di San Vito alla cerimonia per il dirigente dello Stellini. «Lasci un grande vuoto, ma siamo orgogliosi di te»
UDINE 23 Dicembre 2017 cerimonia funerale preside Agenzia Petrussi foto Turco Massimo
UDINE 23 Dicembre 2017 cerimonia funerale preside Agenzia Petrussi foto Turco Massimo
«Sei stato un uomo grande e non ci si può rassegnare alla tua perdita, non c’è consolazione per la tua assenza: possente e forte, con occhi curiosi e attenti, la folta chioma e la barba bianca, sei andato via a pochi giorni da Natale e ci hai lasciate impietrite e attonite». Sono le parole di Anna, la figlia, ad aver salutato per prime, ieri al cimitero di San Vito, Giuseppe Santoro, preside dello Stellini mancato mercoledì dopo una lunga malattia.


Davanti alla sua bara, all’ingresso del cimitero monumentale, si sono stretti con affetto alla moglie Antonella e alle figlie Anna e Rossella, parenti, colleghi, tanti amici, conoscenti e studenti, per portare l’ultimo, commosso ed emozionato, saluto a “Pino” Santoro. «Ho dovuto crescere un po’ per capire chi eri, mi eri sembrato sempre distante – ha aggiunto la figlia – e invece non lo sei mai stato e mai come in questi anni ho sentito la tua vicinanza e la nostra corrispondenza di amorosi sensi e profondo affetto che hai sempre provato per me, Rossella e la mamma. Non voglio dimenticare nulla di te – aggiunge – nemmeno i tuoi eccessi di ira funesta, ma ci hai sempre accompagnate e sostenute a trovare il nostro posto nel mondo. La vita va avanti, ma è anche vero che qualcosa si inceppa e si fa fatica a ripartire – ha concluso –. Ci proveremo, pensando che in un angolo del mondo ci sia tu e, citando uno scrittore, il vivere non riuscirà a venirci a nausea. Ciao papà».


Sono state poi le parole della moglie a commuovere i presenti, nel ricordare i tanti anni condivisi, le tante esperienze, da quel giorno in cui si incontrarono tra i corridoi dell’università di Padova. «Provo un’amara oscurità – ha detto la moglie –, ma la metto da parte per pensare a tutte le cose belle che in questi 30 anni abbiamo condiviso: mi vengono in mente tanti ricordi e ti ringrazio per come mi hai accolto nel tuo cuore prima e poi nella tua famiglia. Sono passati tanto in fretta questi anni, ci siamo trovati studenti, genitori e nonni e il tuo rammarico è che non vedrai crescere Fiammetta e l’altra bambina. Sono molto orgogliosa di te e quello che hai fatto, di come sei stato, non hai mai scelto la strada più facile, sempre quella in salita e in Anna e Rossella rivedo molte parti del tuo carattere, precise e rigorose; spero tanto seguano la tua scia».


Con disciplina e onore aveva portato avanti la sua malattia per molti anni, non si era fermato un momento, nemmeno quando un anno fa aveva pensato di andare in anticipo in pensione. Si era sempre distinto per il suo carattere: «Ebbe il merito di informatizzare il sindacato – ricorda un collega sindacalisti –, tra iniziative e convegni, e i suoi saggi circoleranno e rimarranno nel tempo. Esprimeva sempre le sue idee e non rifiutava mai la battaglia, amava il confronto delle idee da cui nasceva lo scambio».


Uomo di formazione classica, appassionato di filosofia, attento, minuzioso, rigoroso, leale ed aperto, correggeva sempre tutti i testi ed «era più bravo a scrivere che parlare». Legatissimo alla famiglia e molto attaccato a valori e principi, è stato, nonostante le numerose ruvidità, un collega profondamente stimato, come ha ricordato il dirigente Stefano Stefanel. «Esprimevi con passione i tuoi pensieri difendendo i valori in cui credevi – ricorda la cugina – e te ne sei andato portando nel cuore tutto l’amore della tua famiglia, dei tuoi amici, dei tuoi colleghi e dei tuoi ragazzi».


«Intenso amore per la famiglia, energia che muove progetti: sei qui accanto – conclude un amico –, parte di un unico, tenero, infinito amore».


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