Commosso addio al dottor Conte: "Sei stato un supereroe"

UDINE. A più di due settimane dalla morte, ieri mattina, nella cattedrale, in molti hanno voluto salutare per l’ultima volta il chirurgo, presidente per molti anni dell’Ordine dei medici di Udine, Luigi Conte, 69 anni, deceduto all’ospedale Santa Maria della Misericordia, al termine di un intervento di bypasse.
La Procura ha aperto un fascicolo, l’ipotesi di reato è omicidio colposo, per accertare la causa del decesso del medico e l’adeguatezza delle cure sanitarie prestategli in sala operatoria. Sul corpo di Conte è stata eseguita l’autopsia. Ieri, tra la commozione il figlio Alessandro l’ha definito «un supereroe».
«È caduto un albero che ha fatto un rumore assordante. Per tanto tempo ha seminato ed è stato un punto di riferimento. Dedito, umile, generoso. Sembra di sentire ancora le sue parole nei corridoi del reparto, calme, rispettose e allo stesso tempo autorevoli, bastava uno sguardo per farci riprendere la retta via, ma ci ha sempre spronato a intraprendere nuove sfide, orgogliosi di come siamo».
La squadra del Day surgery ha salutato così il chirurgo che aveva salvato tante vite con impegno e umiltà, che si era speso per i suoi pazienti, mettendoli sempre al centro della propria professione, si è accanito un destino crudele che se lo è portato via dopo un intervento quasi di routine.
Uomo giusto, Conte dopo la laurea in Medicina e chirurgia conseguita all’università partenopea, arrivò in Friuli, nel 1976, da militare. Affascinato dal sistema sanitario friulano, il chirurgo non lasciò più questa terra.
È qui che «senza chiedere favori, con pazienza, andando incontro anche a cocenti delusioni, aveva costruito la sua vita professionale mattone dopo mattone, e quella familiare, accanto alla moglie Maria», ha sottolineato don Roberto Gabassi nel l’omelia durante la cerimonia concelebrata da monsignor Luciano Nobile e don Davide Larice. «Non si fece attirare da altre sirene - ha aggiunto il sacerdote -, la sua vita era la sua famiglia, ma anche la medicina, vera e propria vocazione».
A parlare, il più delle volte, erano il suo impegno e il suo spirito di sacrificio. Esigente, prima con se stesso e poi con gli altri, chi lo conosceva, ha proseguito il parroco di San Gottardo, «aveva imparato a scorgere nel suo volto composto il sorriso, quel guizzo negli occhi verdi.
Fedele alle sue scelte, innamorato della sua Maria, papà di altri tempi per Alessandro, responsabile del suo ruolo e della sua professione, della quale ne ha sempre difeso autonomia e dignità». Attento ai giovani, con i quali e per i quali litigava, che riteneva portatori di idee, magari distanti dalle sue, ma comunque degne di essere ascoltate. Poi, un imprevisto ha sconvolto tutto:vita, famiglia, affetti, progetti.
«Ci sono domande a cui la scienza può dare risposte - ha proseguito il prete - ad altre no, e dunque siamo qui, a cercare d’imparare a vedere Luigi in un altro modo, trovando la forza nella fede».
Il mondo della sanità si è raccolto intorno alla moglie Maria e al figlio Alessandro con Margherita, ai fratelli Giuseppe e Tina, alle cognate e ai nipotini. Ma a salutare Conte erano moltissimi amici, i colleghi, gli studenti, i conoscenti e i pazienti, che hanno riempito il duomo sin da prima dell’arrivo del feretro.
Dopo il saluto del presidente dell’Ordine dei medici Maurizio Rocco, che ha ricordato il suo predecessore come un «uomo con grande senso di giustizia e medico attento ai bisogni dei pazienti», sono intervenuti la presidente Federazione ordine dei medici Roberta Chersevani, l’assessore comunale alla Salute Simona Liguori. Le più toccanti sono state le parole del figlio Alessandro: «Sei stato il mio supereroe, dagli occhi chiari e difficili da accontentare ma che sapevano leggere dentro, avvolto nella tua sobria eleganza, severo, buono, composto e ironico.
Avevi detto di voler scrivere un libro, come pungolo alla categoria, per far rialzare la testa, ed esempio per i giovani che non devono dimenticare di essere di fronte ai pazienti. Il mio supereroe sarà sempre con me e non smetteremo di cercare quel tuo sguardo che parlava per farci sapere il tuo pensiero».
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