Ciriani: «Cari profughi basta, non venite più»

Un appello ai colleghi sindaci perché ciascun comune faccia la sua parte. Uno ai profughi, perché scelgano altre destinazioni dal momento che «qui non c’è futuro». Un’esortazione a non alimentare il passaparola sia tra immigrati sia tra associazioni di volontariato. Un invito alle istituzioni, perché prefetti e questori possano espellere subito chi non ha requisiti. Il sindaco di Pordenone Alessandro Ciriani scrive a colleghi, profughi e istituzioni perché la città – come Aviano – è satura e non può più accogliere. Un’emergenza che non ci sarebbe, se tutti avessero fatto la loro parte.
«Rinnovo l’appello ai sindaci inadempienti – premette il primo cittadino – a prendersi in carico la quota di profughi che gli spetta, cominciando da quelli che stazionano al Bronx. Il mio non è in alcun modo un invito polemico, ma un’esortazione al senso di responsabilità, equità e umanità». I sindaci, prosegue, «facciano un’opera di sensibilizzazione nei confronti dei loro cittadini e dei proprietari delle strutture che potrebbero accogliere i richiedenti asilo. Spieghino che le direttive di Governo e prefetti indicano che ogni Comune debba farsi carico di una quota di 2,5 profughi ogni mille abitanti, garantendo una distribuzione equilibrata». Distribuzione equilibrata «che ora non c’è visto che Comuni come Pordenone e Aviano ne accolgo molti di più di quanto dovrebbero, e altri invece sono nettamente sotto la soglia».
Gli amministratori di Pordenone hanno «subito governato il fenomeno con gli strumenti e le competenze limitate di un Comune. Voglio ricordare che prima del nostro arrivo al governo della città, la situazione era fuori controllo con tendopoli e bivacchi nei parchi e non solo. Alla minoranza chiedo di fare la sua parte responsabilmente. Non pretendano altri sforzi da Pordenone, dove vi è un numero di richiedenti asilo quattro volte superiore a quello che dovrebbe essere. Piuttosto, così come stiamo facendo io e il prefetto nei confronti di tutti i Comuni, diano il loro contributo: facciano pressione sui primi cittadini del loro stesso colore politico affinché mettano in pratica concretamente il principio di solidarietà, adempiendo alle direttive nazionali e accogliendo dunque la quota di profughi loro spettante».
Pordenone si fa carico della quota prestabilita, «non superiore. Lancio dunque un appello molto chiaro agli stessi profughi – prosegue Ciriani –, affinché ne facciano un passaparola: non venite a Pordenone, andate in altri comuni o nazioni che hanno posto, perché qui non avete futuro. La città non vi può accogliere e non vi può garantire un tetto e un pasto. La solidarietà si esercita se c'è la possibilità concreta di farlo. In caso contrario bisogna essere chiari per non ingannare e illudere nessuno con facili slogan».
La politica «lassista e la mancanza di direttive nazionali precise» sta portanto in Italia «e anche a Pordenone, decine e decine di profughi che vengono respinti da altri paesi europei anche tradizionalmente ospitali, tra cui la Norvegia. Arrivano grazie a tam tam irresponsabili e pericolosi, come quelli di Rete solidale, che li illudono che qui comunque una soluzione per loro si troverà. Non sarà così. Per senso di umanità, abbiamo già fatto la nostra parte, ora basta. E non si pensi che facendo pressioni e manifestazioni politiche cederemo. Coloro che sono fuori dai programmi di accoglienza non ne riceveranno alcuna».
Infine il sindaco rivolge un appello alle istituzioni nazionali. «È giunto il momento che si passi dalle parole ai fatti: prefetti e questori devono avere più poteri operativi ed essere messi nelle condizioni di espellere subito chi non ha i requisiti per stare qui. Inoltre, se i richiedenti asilo fanno ricorso, lo facciano dal loro Paese d’origine, senza pesare sullo Stato italiano. In mancanza di questi provvedimenti nazionali, tutto il carico dei migranti si riverbera sui sindaci che hanno strumenti limitat. Il nostro impegno, per quello che possiamo fare – è la conclusione – è comunque sempre massimo».
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