Cercava reperti col metal-detector: condannato

Aveva collezionato un tesoretto di oggetti (monete, pugnali, dardi e altro ancora) di rilevanza culturale grazie alla sua passione per le ricerche archeologiche con il metal-detector. Ma quest’ultima attività non era autorizzata e i beni rinvenuti sono di proprietà dello Stato. Per questa vicenda, che risale al 2017, un cinquantenne di Arta Terme è stato recentemente condannato dal giudice monocratico del tribunale di Udine Angelica di Silvestre a quindici giorni di reclusione (pena sospesa) e a cinquanta euro di multa.
Quando i carabinieri del Nucleo tutela patrimonio culturale – guidati dal maggiore Lorenzo Pella – avevano perquisito la sua abitazione avevano trovato una serie di reperti storico-archeologici illecitamente recuperati non solo in Carnia, ma in tutto il territorio regionale. Si tratta di un pugnale di epoca medievale, 16 dardi di epoca romana, 18 monete risalenti al periodo della Serenissima Repubblica di Venezia, nove anelli di epoca medievale di provenienza cividalese, 41 palle di piombo di vari calibri per archibugio, sei medaglie votive in ottone risalenti al XIX secolo e due metal-detector.Il procedimento penale, come spiegano i carabinieri in una nota, ha portato alla condanna del ricercatore per “impossessamento illecito di beni culturali appartenenti allo Stato” e i beni in questione sono stati confiscati per la successiva consegna alla Soprintendenza archeologica, belle arti e paesaggio del Friuli Venezia Giulia di Trieste che ne disporrà l’assegnazione a strutture museali, per la loro conservazione e valorizzazione.
La vicenda – si legge ancora nella nota dell’Arma – è iniziata nel novembre del 2016 quando i carabinieri avevano messo fine a un’attività illecita di recupero e scambio di materiale esplosivo risalente al primo conflitto mondiale. A Gorizia, nel corso delle indagini, era stato individuato un arsenale composto da 85 ordigni bellici carichi e un migliaio di cartucce.
Successivamente, ad Arta Terme, sono state sequestrate decine di monete di vario conio e dimensioni risalenti all’epoca romana e medievale. L’uomo di Gorizia, oggetto di attività investigativa, era stato arrestato per possesso illegale di ordigni esplosivi, mentre il carnico era stato denunciato a piede libero.
Inoltre, il prosieguo delle indagini aveva poi consentito, nel giugno del 2017, di individuare e identificare una terza persona, anch’essa dedita alle ricerche archeologiche clandestine, nei confronti della quale sono emersi, grazie ad attività tecniche esperite sul materiale informatico precedentemente sequestrato, elementi di reità in relazione alla descritta attività illegale. La Procura di Udine, sulla base di quanto raccolto dai carabinieri, ha disposto, la perquisizione che ha consentito di recuperare tutti i reperti.
I carabinieri ricordano che, ai sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio, l’attività di ricerca di reperti archeologici – la cui proprietà è dello Stato – è riservata al Ministero per i beni e le attività culturali, che può dare in concessione a soggetti pubblici o privati l’esecuzione di tali attività.
Al contrario, nel caso di rinvenimento fortuito, lo scopritore dovrà, entro le successive 24 ore, farne denuncia in alternativa al Soprintendente, al sindaco della località ove è avvenuta la scoperta o all’Autorità di pubblica sicurezza, vedendosi anche corrisposto un premio da parte dello stesso Ministero.
Ulteriori informazioni e consigli del Comando carabinieri tutela patrimonio culturale sono reperibili sul sito web www.carabinieri.it, nonché tramite l’applicazione per dispositivi mobili “iTpc”.—
Riproduzione riservata © Messaggero Veneto