Cercando i cinema fra via dei Teatri e piazzetta Belloni

Se lo ricorda pure lui il cinema delle origini in città: quello dei padiglioni all'aperto in Giardin Grande. Stiamo parlando del professor Carlo Gaberscek, in passeggiata con noi, dentro un piacevole Genius loci vissuto alla vigilia di Far East, nello scorso aprile. Come mai non c'è ancora sulle pagine?, vi domanderete visto che siamo già in autunno. La scusa è tutta qui: Gaberscek è uno studioso di storia del cinema che a quest'arte sta dedicando ogni energica sfumatura della propria esistenza. Il che significa: bisogna essere preparatissimi per non sfigurare. Lui del cinema sa. E in aggiunta ha una romantica deformazione per set e "location", soprattutto per quelle western americane, visitate come pioniere-archeologo dei luoghi. Ventuno viaggi oltreoceano che durano vent'anni. «Bin Laden - dice - e l'11 settembre mi hanno fatto poi smettere».
Abbiamo dunque al fianco un devotissimo all'anima autentica del Genius loci, quella del "dove". In più: entrambi, Gaberscek e io, siamo sulle orme di Mario Quargnolo, lo storico e critico del cinema che la città conosce, ricorda e ama, e che per fortuna ha lasciato memorabili libri sull'argomento in nostro soccorso. Tutto questo preambolo per dire che siamo fortunati ad avere una guida preparata come il professore.
Gaberscek si presenta all'appuntamento con un documento di programma, ordinati fogli e precisa scrittura, dove divide il tema in più puntate: il cinema a Udine. Lo studioso, con una fulgida carriera alle spalle dedicata al chiaro insegnamento, nulla lascia all'improvvisazione. E invece, sorpresa, ecco cosa nasce: un racconto pieno di aneddoti e fughe dal centro, una straordinaria divagazione sul tema che ci porta, a esempio, a immaginare Gaberscek bambino al cinema Cecchini per la sua iniziazione al western: Kociss, l'eroe indiano (di George Sherman, 1952).
Il suo è un amarcord senza piagnistei sul passato e così godibile, che per due mesi al professore ho chiesto: «Possiamo rivederci? Sa, è per la mia rubrica, ho ancora delle domande...». E così è arrivata l'estate.
Tornando ai "nostri titoli di testa" dunque, e ora a studi fatti e masticati, il nostro ospite se lo ricorda proprio il cinema delle origini in Giardin Grande (piazza Primo maggio), quello degli spettacoli ambulanti con schermo e proiettore. «Negli anni Cinquanta, mezzo secolo dopo l'inizio di questa storia, davanti al liceo Stellini, c'erano dei rudimentali macchinari metallici dove giravi una manovella... e l'effetto era quello dei fotogrammi in movimento. Una specie di moviola». E' lì che alle bancarelle di Santa Caterina il nostro acquistò il suo primo libro western (Emilio Salgari).
Al racconto noi aggiungiamo che il cinema arriva a Udine, come in tutta Italia, nel 1896, e che i luoghi coinvolti in questo inizio sono i famosi teatri urbani, ma questo ormai molti di voi lo sanno. Quello che è interessante notare è che stiamo parlando di una città invisibile, dove le tracce di un folto pubblico, curioso e inesperto, perché il cinema è una nuova arte, si è mosso a lungo come uno sciame d'api da un posto all'altro, e di questi spazi non c'è più nulla. Come dice Gaberscek, «degli otto cinema (otto!) delle origini nessuno è oggi in attività». Esistono ancora solo due palazzi che li ospitavano: Palazzo Strassoldo-Manin in via Vittorio Veneto, sede dell'Excelsior, costruito appositamente dal signor Galanda come sala cinematografica nel 1907 (oggi è la Libreria Tarantola, e forse questo non sono in molti a saperlo) e Palazzo Contarini (Palazzo d'Oro), ora sede della Fondazione Crup in via Manin, dove nasce nel 1908 il cinema Volta, poi Ambrosio, poi Serenissima.
«Il polo cinematografico dell'epoca delle origini - dice il professore, mentre zigzaghiamo con aria divertita per le strade del centro - era costituito da via dei Teatri (ora via Stringher) e via Belloni (ora zona intorno a piazzetta Belloni), dov’erano concentrate quattro sale: teatro Minerva, teatro Sociale, teatro Nazionale ed Edison». «Teatro Nazionale ed Edison - gli chiedo - e dov'erano?». Non lontani da dove sorgerà l'Eden (di cui diremo nella prossima puntata). Il Nazionale, che si trovava tra via Savorgnana e via Belloni, a fianco dell'area dell'attuale Palazzo Morpurgo, era un colosso di 900 posti. Nasce nel 1867 e viene abbattuto nel 1907. Quale odierna invisibilità! Eh sì, che se si pensa a questi brevi spettacoli dei Lumière (schermo di 30 mq, durata circa mezz'ora), muti, accompagnati dalle varie orchestre, mentre «i popolari Zuan e Toni giravano tra loggia e platea vendendo i caramei», come scrive Quargnolo, si fa fatica a constatare l'inesistenza di questo mondo colorato perché non c'è proprio nemmeno un muro di allora che lo ricordi.
Quargnolo scrisse nel 1990 che esisteva un frammento di muro perimetrale del Nazionale all'interno del giardino di Piazzetta Belloni. «Bene, professore, andiamo a cercarlo». Ci muoviamo lesti, ma non lo troviamo. Come mai? Tornando all'Edison, poi Savoia, siamo sempre in zona: l'allora via Belloni 12. E' il cinema costruito dall'impresario veneziano Luigi Roatto, uno dei due protagonisti "dell'altro" cinema, quello ambulante in Giardin Grande, dove Roatto e il veronese G.B. Bläser avevano i propri sontuosi padiglioni e Bläser serviva il tè agli ospiti alle cinque. La storia ha il suo fascino: mentre in centro i teatri ospitavano drammi, commedie, varietà e il cinema degli esordi, un po' più in là, poco dopo la terza cerchia di mura ottocentesca, oltre la Porta San Bortolomio, viveva la parte esotica della vita nomade: quella degli impresari/commercianti di inizio Novecento dediti alla nuova arte dove le donne erano escluse, perlomeno a Udine. Ci fu infatti l'ambulante Madama Berg direttamente da Zurigo che nulla potè per inserirsi, nonostante l'appetibilità di un colossale organo Gavioli parigino.
(continua)
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