Cerca personale, ma non lo trova: «Fare gli operai non piace»

Azienda di Cordenons investe in tecnologie, ma non riesce ad assumere operatori specializzati. La contitolare: «Abbiamo lavoro, siamo costretti a rinunciare alle commesse»
Erica D’Andrea, contitolare della Omeg lavorazioni meccaniche
Erica D’Andrea, contitolare della Omeg lavorazioni meccaniche

CORDENONS. L’azienda investe nell’innovazione, acquistando un nuovo macchinario per dare risposta alle crescenti richieste del mercato, e prevede tre nuove assunzioni. Ma, su 200 lettere di invito al colloquio mandate ad altrettanti giovani diplomati nel settore, si presentano solamente in venti. Tra questi, nessuno è disponibile a lavorare in produzione.

«Non vedo possibilità di crescita professionale» è la risposta più frequente. Accade alla Omeg lavorazioni meccaniche, snc di via Taiedo, ditta artigiana che opera nel settore della meccanica di precisione per conto terzi, il cui mercato è per il novanta per cento estero.

Fondata nel 1998, l’azienda è specializzata nella costruzione di particolari meccanici complessi di dimensioni medio grandi, utilizzati nei più svariati settori.

Alla Omeg lavorano cinque operai specializzati e i due titolari, i coniugi cordenonesi Erica D’Andrea e Gianluca Tramontin. Quando fondarono l’azienda, vent’anni fa, avevano lei 19 anni e lui 23, e alle spalle non avevano nulla.

Oggi hanno un’azienda che lavora bene e puntano ad assumere giovani. Ma non ne trovano. «La situazione è paradossale – commenta D’Andrea – . Abbiamo lavoro e siamo costretti a rinunciare a delle commesse perché non troviamo personale specializzato: né attraverso le agenzie di lavoro, tantomento attraverso le scuole professionali».

La Omeg da mesi sta cercando operai specializzati, almeno tre, per far lavorare il nuovo macchinario, sul quale ha investito in innovazione. È un centro di lavoro che utilizza un software di ultima generazione. A mali estremi, estremi rimedi.

I titolari hanno deciso di regalare a quattro studenti dell’ultimo anno dell’Ipsia di Pordenone, segnalati dalla stessa scuola, il corso di formazione per apprendere a utilizzare il nuovo macchinario.

«Questo investimento in formazione è nella speranza che una volta diplomato qualcuno di loro resti – afferma D’Adrea – . Desideriamo assumere giovani diplomati in metalmeccanica, purtroppo però i più puntano ad andare all’università o a lavorare in ufficio. È questo un problema di numerose altre aziende del nostro settore, ed è preoccupante».

Il fenomeno secondo lagiovane imprenditrice è culturale e generazionale. Osserva: «Tra settembre e dicembre ho spedito duecento lettere ad altrettanti ex studenti di una scuola professionale di Pordenone, diplomatisi tra il 2013 e il 2018. La sensazione è che i giovani non vogliano più fare gli operai, e che i genitori siano d’accordo con loro.

È un peccato, perché il nostro non solo è un settore che richiede grandi competenze e che lavora bene, ma è anche quello per cui il nordest è diventato famoso all’estero e nel quale i giovani del nord non vogliono più lavorare». —

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