Cementificio, l’inquinamento adesso si misura con i licheni

Buzzi Unicem affida all’università di Trieste l’indagine ambientale sulle ricadute dell’utilizzo di Css Gli accertamenti partiranno a metà giugno e riguarderanno Maniago, Cavasso Nuovo, Fanna e Arba

MANIAGO. Venerdì 15 giugno partirà il nuovo biomonitoraggio coi licheni, che interesserà un’area di 40 chilometri quadrati attorno al cementificio Buzzi di Fanna. I comuni interessati dalla campagna d’indagine, che si divide in tre fasi, sono Maniago, Cavasso Nuovo, Fanna e Arba.

Ad annunciarlo è la Buzzi: ha fatto sapere che l’università di Trieste ha stabilito un cronoprogramma. «Dal 15 giugno al 15 agosto è prevista la prima campagna (estiva) mediante trapianti del lichene pseudevernia furfuracea in 40 siti espositivi – spiega il professor Mauro Tretiach, del dipartimento di scienze della vita dell’università di Trieste –. A settembre, prima e unica campagna di raccolta dei campioni di licheni autoctoni (xanthoria parietina) in 13 punti. Dal 1° febbraio al 31 marzo 2019, seconda campagna (invernale) mediante trapianti dei licheni pseudevernia furfuracea negli stessi 40 siti espositivi interessati dalla campagna estiva. Il cronoprogramma è citato nella convenzione, stipulata il 17 aprile, con cui il cementificio ha commissionato al dipartimento di scienze della vita questo biomonitoraggio post operam».

Nel documento trasmesso dall’università di Trieste alla Buzzi, si legge che «Cementizillo, ossia la vecchia proprietà dell’azienda di Fanna, ha dato comunicazione agli enti di controllo dell’avvio dell’utilizzo di Css (combustibile solido secondario) ad aprile 2017, ma l’impiego di quest’ultimo non è stato continuativo, tant’è che, in alcuni mesi come ottobre e novembre, ne sono state sospese le forniture. L’impianto ha iniziato a usare Css in maniera continuativa solamente a dicembre 2017. Sulla base di queste considerazioni, si è ritenuto che il primo periodo utile per l’inizio del programma di biomonitoraggio, visti l’utilizzo non stop di Css e la stagionalità richiesta per questa tipologia d’indagine, sia l’estate 2018».

Nei 40 chilometri quadrati di area interessata dal biomonitoraggio è già stata eseguita un’analoga indagine tra il 2012 e il 2013, ovvero ante operam, cioè prima dell’impiego di Css. Al lavoro c’è stato sempre il dipartimento di scienze della vita dell’università di Trieste. «I risultati del primo biomonitoraggio coi licheni sono stati presentati in incontri pubblici in Comune a Fanna e a Unindustria, cui hanno partecipato Arpa e Aas 5 – riferisce Tretiach –. I dati non hanno evidenziato nessuna significativa impronta ambientale riconducibile all’attività dell’impianto. Già nel 2012 avevo previsto che i biomonitoraggi post operam iniziassero dopo un anno di uso continuato di Css, per avere garanzia che eventuali effetti indesiderati potessero essere tracciati nelle matrici ambientali».

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