C’è un cratere al posto dell’impianto a biogas

L’avveniristica opera doveva sorgere a Tauriano, ma è tutto fermo dal 2010 Superata una serie di ricorsi, l’azienda ha realizzato soltanto il primo stralcio

SPILIMBERGO. Prendendo a prestito Shakespeare si potrebbe dire “molto rumore per nulla”. Il rumore è quello delle escavatrici che, giorno dopo giorno, hanno creato un cratere. Il nulla è quello che appare agli occhi di chi, invece di un avveniristico impianto per la produzione di energia alternativa, si trova davanti soltanto un buco. Una vicenda, quella dell’impianto per la produzione di energia elettrica alimentato da fonti rinnovabili (biomasse vegetali) a Tauriano, nei pressi dell’azienda agricola Santa Lucia, che parte da lontano: anni di lungaggini burocratiche sino alla svolta, nel febbraio di tre anni fa, con l’annuncio dei lavori per la realizzazione del primo stralcio. Committente dell’opera la società Bioelettra, con sede a Preganziol, che di fatto cedette l’autorizzazione unica per la realizzazione dell’impianto alla neonata società Spilimbergo bioenergie.

La vicenda sembrava persino sul punto di non trovare una soluzione positiva: a stoppare il progetto un decreto del novembre 2007 a firma del direttore del Servizio centrale per le infrastrutture energetiche e di telecomunicazione, che negava alla Biolettra l’autorizzazione regionale, in conformità, peraltro, con la decisione sfavorevole della conferenza dei servizi. Quest’ultima si era espressa per il diniego sulla base di una serie di motivazioni che non permisero di approvare subito il progetto, considerato in un primo momento possibile causa di danni ambientali. Una controversia che coinvolse anche il comando reclutamento e forze di complemento regionale del Friuli Venezia Giulia, il comando del 12º reparto infrastrutture di Udine, il Comune di Spilimbergo. Da parte dell’ente locale il diniego era arrivato perché la costruzione era prevista in una zona che il piano particolareggiato considerava agricola. Da parte dell’amministrazione militare, invece, il diniego era motivato dal fatto che per l’impianto si sarebbe dovuta utilizzare una pista carri. Una decisione ribaltata poi in seguito a un ricorso al Tar della società trevigiana, che dimostrò la compatibilità ambientale dell’impianto, perché committente di un analogo impianto a Bolzano già operativo senza alcun tipo di rischio per l’ambiente.

Vinto il ricorso al Tar, si trovò l’accordo con l’amministrazione comunale e quella militare che determinò l’avvio dei lavori. In cambio, Bioenergie manifestava la volontà di farsi carico della manutenzione dei cigli e dei fossi laterali di via della Fornace (per un importo di 70 mila euro), nonché di farsi carico di un beneficio economico al Comune per il sostegno di iniziative e manifestazioni culturali per 20 mila euro. La potenzialità produttiva del progetto definitivo avrebbe dovuto raggiungere a pieno regime i 6 megawatt. Peccato che dal 2010 a oggi Biolettra si sia trovata costretta a rivedere i propri piani. Come osservato anche dal consigliere Pd Fabio Martina, «quello che sarebbe dovuto essere un impianto innovativo che, con 12 silos digestori avrebbe dovuto garantire una riserva di gas metano prodotto da scarti organici e colture apposite, in realtà ha dato vita a un’altra cava. Coi proventi dell’escavazione si è finanziato il primo stralcio, tre silos. Da più di un anno tutto è fermo e tutto lascia pensare che, finiti i soldi ricavati dalla ghiaia, sia finito anche l’ambizioso progetto».

Guglielmo Zisa

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