Castrum Artenia com’era e dov’era

Rivive il castelletto Savorgnan Realizzati ala espostiva e un posto di ristoro L’apertura al pubblico il 15 febbraio

È tornato se stesso, testimone di una storia antica, custode di preziose memorie friulane. Sabato 15 febbraio il castello di Artegna, restaurato, riaprirà le porte ai cittadini che vorranno visitarlo. I lavori di recupero e di allestimento interno, iniziati nel 2011, restituiscono oggi al castelletto Savorgnan (questo il suo nome in termini piú “tecnici”) le sembianze che aveva prima del terremoto del 1976.

«Abbiamo cercato di interpretare con attenzione il noto principio del “come era dove era” applicato con successo dalla Soprintendenza in gran parte del Friuli terremotato», hanno spiegato l’architetto Giulio Avon e l’ingegner Livio Fantoni. Diversi, infatti, sono stati i contributi professionali che hanno reso possibile questa realizzazione: fra questi quello degli architetti Silvano Coletti e Giuseppe Fasone responsabili del procedimento per la Soprintendenza e per il Comune di Artegna e quello dei progettisti e direttori dei lavori del restauro Studio Avon associati, capofila l’architetto Giulio Avon e Studio Conti e associati con l’ingegner Livio Fantoni di Udine.

Il castelletto è la parte meridionale di un sistema fortificato piú ampio denominato Castrum Artenia di origine tardo antica/medievale che occupava la parte superiore del colle di San Martino, sede in seguito di un castello feudale e dell’importante chiesa omonima, dove si possono ammirare i pregevoli affreschi cinquecenteschi del Thanner.

Nella parte inferiore del castelletto, risparmiata dal sisma, si legge l’impianto medievale della struttura con possenti mura in pietra che si snodano attorno alla torre piú alta e piú antica, chiamata popolarmente “longobarda”, a sottolineare il suo carattere difensivo, di luogo di avvistamento. Un’attenta illuminazione (curata dall’ingegner Stefano Scubla) mette in rilievo le possenti murature rivelandone il pregio e mettendo in rilievo la conformazione antica della fortificazione.

Il progetto di ricostruzione è fondato sull’analisi di numerose testimonianze fotografiche di varia provenienza (in gran parte gentilmente concesse dalla ricca fototeca del Comune di Udine), dall’esame dei catasti d’epoca che descrivono il castelletto in dettaglio prima del terremoto e anche dalle descrizioni fornite dall’ultimo proprietario Antonio Bonati Savorgnan di Osoppo. «Il conte Bonati - spiega l’architetto Avon – attualmente risiede a Padova, ma ha dimostrato affettuosa partecipazione alle varie fasi della ricostruzione, recandosi piú volte di persona in cantiere con i progettisti e con il sindaco Aldo Daici, nonostante l’età avanzata».

Le altre parti preesistenti non demolite dal sisma hanno consentito di individuare ulteriori testimonianze preziose come le quote di calpestío, la posizione delle forature e altro in modo da costituire un tessuto di informazioni che è stato “riletto” durante le operazioni di cantiere. Prezioso anche l’aiuto della restauratrice arteniese Roberta Pascuttini per le parti affrescate e per tutta l’esecuzione delle delicate opere di restauro lapideo. Le imprese esecutrici sono la Cardazzo di Sacile e la Consol-Restauri di Farra di Alpago (Belluno).

La parte ricostruita, da ponente a levante, è costituita dal nucleo centrale del castelletto con le bifore che guardano verso ovest e dalla torre meridionale che accoglie al livello piú alto un gradevole belvedere. Il nucleo con loggetta abbellisce il lato sud mentre quello di levante verso la chiesa è il prospetto piú domestico, in cui è piú evidente il cambio di destinazione da uso difensivo a dimora castellana. Negli Anni Trenta del Novecento, infatti, i Bonati Savorgnan avevano compiuto una serie di trasformazioni per rendere il castelletto edificio residenziale «ed è questa la “versione” della fabbrica che è stata riproposta nella ricostruzione attuale - spiega l’archietto Avon –, in quanto immediatamente precedente agli eventi sismici. Nella parte oggetto di integrazione si sono realizzate le medesime murature strutturali in pietra che caratterizzano la preesistenza, cercando cosídi valorizzare l’ ambientazione del manufatto inserito nel dolce paesaggio collinare circostante».

Le destinazioni interne sono state scelte dall’Amministrazione per fornire il castelletto di un luogo di ristoro (è nella parte piú antica) e di locali a uso espositivo e, nel resto della fabbrica, per accogliere al meglio l’esposizione dei reperti archeologici. Questi sono stati rinvenuti negli anni nelle campagne di scavo condotte dall’archeologo Luca Villa.

Il castelletto restaurato accoglie al suo interno una serie di dotazioni multimediali sviluppate seguendo alcuni suggerimenti forniti dal dottor Roberto Siagri, anch’egli arteniese. Le attrezzature sono concepite in modo di fornire un supporto didattico ai visitatori. Cosí che, osserva l’architetto Giulio Avon «moderno e antico si coniugano in questa realizzazione molto attesa dalla comunità».

©RIPRODUZIONE RISERVATA

Riproduzione riservata © Messaggero Veneto