Castelmonte in festa per padre Emanuele
PREPOTTO
L’applauso è scattato quando all’inizio della messa davanti all’altare della Beata Vergine di Castelmonte sono comparsi l’arcivescovo Andrea Bruno Mazzocato e soprattutto padre Emanuele Pettenuzzo. Un applauso commosso di una chiesa gremita all’inverosimile con in testa il sindaco di Prepotto, Gerardo Marcolini e al fianco tanti parenti del frate giunti da San Martino di Lupari in provincia di Padova. Arrivati in Friuli per festeggiare i cent’anni di padre Emanuele. Della sua vita avventurosa e soprattutto carica di fede si potrebbe scrivere un libro. Tra missione in Africa, prigionia con gli inglesi e cammino di fede nei santuari di mezza Italia, il frate ha percorso tutto il Novecento lasciando un segno indelebile al santuario di Castelmonte, la sua vera casa da oltre settant’anni.
«La sua fede è un esempio per tutti - ha detto nell’omelia monsignor Mazzocato -, padre Emanuele ha iniziato a cibarsi del pane di Cristo a 17 anni. E quel pane gli è bastato per tutta la vita». Il Vangelo di ieri sembrava fatto apposta: la moltiplicazione dei pani e dei pesci. E mentre l’arcivescovo parlava ai fedeli, padre Emanuele era lì al suo fianco. Ha cento anni, ma non li dimostra. La dozzina di fratelli al convento di Castelmonte ogni giorno si “abbeverano” della sua fede. Dice messa ogni giorno in privato, spesso la concelebra in chiesa. Ancora confessa. «E sul catechismo quando siamo a tavola - racconta padre Antonio - è infallibile e spesso ci mette in difficoltà». Ed è un pozzo di aneddoti. Del resto il frate, commosso ieri alla fine della messa quando ha salutato i fedeli, è protagonista di una vita avventurosa. Nato il 31 luglio 1911 a San Martino di Lupari e battezzato col nome di Amedeo, padre Emanuele è entrato nel seminario dei cappuccini nel 1925 e nel noviziato di Bassano due anni più tardi. Ordinato sacerdote il 6 giugno 1936, nel 1937 fu inviato in missione in Africa, per la precisione in Etiopia. Il frate aveva già conosciuto Castelmonte nel 1929, i suoi superiori l’avevano inviato a riposare d’estate per una ventina di giorni. Quel santuario abbarbicato sui monti sopra Cividale sarebbe entrato nella sua vita. Prima della partenza per l’Africa Castelmonte, Cividale e Udine furono teatro di diversi giorni di celebrazioni per i missionari in partenza. Poi l’impegno in Etiopia, la guerra e la prigionia in Sudafrica sotto gli inglesi. Nell’ottobre del 1943, grazie alla Santa Sede, il gruppo di missionari fu liberato. Nel 1957 padre Emanuele tornò a Castelmonte come superiore ed economo. S’impegnò per la costruzione dell’attuale ristorante al piazzale, sistemò i boschi intorno al santuario. Fu insomma uno dei padri dello sviluppo anche in chiave turistica della località. Ieri la festa, per uno dei simboli del santuario mariano.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © Messaggero Veneto