Cassa integrazione in Fvg: 50 mila lavoratori a casa, in busta paga 2.500 euro in meno

UDINE. C’era una volta. La lettura dei dati potrebbe incominciare così. Come una favola, ma di cui in questo momento non si intravede un lieto fine. Già, perché la cassa integrazione che aumentava di un tot per cento all’anno, c’era una volta.
La realtà di oggi, fotografata dal Centro studi dell’associazione Lavoro&Welfare, dice nei primi cinque mesi del 2020 la cassa integrazione in Friuli Venezia Giulia è aumentata del 3.200% rispetto al 2019. O meglio del 4.200% se ai conti se si tiene conto, com’è corretto, anche delle richieste di accesso al Fondo d’integrazione salariale (Fis) dell’Inps.
LA CASSA INTEGRAZIONE IN FVG E L'EMERGENZA COVID: IL PUNTO
- I lavoratori hanno perso complessivamente nel loro reddito oltre 121 milioni di euro al netto delle tasse*
- Si sono perse 5.356.509 giornate lavorative*
- Ogni singolo lavoratore in Cig a zero ore per tutto il periodo ha visto ridursi il proprio reddito di oltre 2.500 euro al netto delle tasse (cioè 500 euro al mese)*
- * (nell'ipotesi di pieno utilizzo delle ore autorizzate)
La somma dà quasi 43 milioni di ore, quando il picco storico precedente, toccato nell’intero 2014, era di 29 milioni. E l’effetto non è indolore per i beneficiari: in caso di pieno utilizzo, la perdita media lorda per lavoratore è di circa 500 euro, pari a oltre 350 euro netti.
L’ESPLOSIONE
Se la bomba è scoppiata a marzo, con l’inizio del lockdown, l’esplosione della cassa è iniziata solo dal mese successivo, quando le richieste delle aziende all’Inps sono state via via prese in mano e approvate. Ad aprile e maggio si è viaggiato al ritmo, inimmaginabile prima della crisi, di 20 milioni di ore al mese.
Complessivamente 41 milioni di ore autorizzate: quasi 26 di cassa ordinaria, 300mila ore di straordinaria, ormai desueta in tempi di emergenza, 4,5 milioni di cassa in deroga, resuscitata dopo due anni di oblio, e dieci milioni di Fis, il fondo di integrazione salariale dell’Inps, praticamente inutilizzato fino a quest’anno.
GLI STRUMENTI
Negli anni della recessione e del post-recessione, a far impennare gli indici della cassa integrazione erano soprattutto le richieste di cassa straordinaria e contratti di solidarietà, prerogativa delle aziende con almeno 15 dipendenti.
Oggi la Cigs (e la solidarietà) è uno strumento desueto anche per chi ne avrebbe titolo. La quasi totalità delle richieste pervenute a gennaio e maggio arriva infatti con motivazione Covid: cassa in deroga o cassa ordinaria che, vista la copertura straordinaria del Governo, vengono erogate senza copertura aggiuntiva da parte delle aziende per le ore effettivamente utilizzate.
Di norma, infatti, a coprire la cassa ordinaria e straordinaria, oltre all’obbligo di “assicurazione” delle aziende dove sono in vigore gli ammortizzatori, c’è anche una contribuzione aggiuntiva compresa tra il 9 e il 15% sul “consumo” effettivo. Con il Covid, invece, è lo Stato a farsi carico della quota aggiuntiva.
L’INTEGRAZIONE SALARIALE
A far esplodere il ricorso agli ammortizzatori, rispetto al passato, anche un’altra voce, il Fondo integrativo salariale dell’Inps, che come detto sfiora in regione i 10 milioni di ore autorizzate, di cui 8,5 milioni solo a maggio.
È lo strumento previsto a partire dal 2017, per le aziende con almeno 5 dipendenti dei settori dove non è prevista la cassa integrazione (ad esempio il commercio, il terziario, molte realtà dell’appalto). Per dare una misura dei volumi, nell’intero 2019 erano pervenute richieste per sole 25mila ore: quisquilie.
CIG E TERRITORI
Se il Fis era pressoché inesistente prima del Covid, anche tutte le altre voci, tranne la Cigs, hanno subito un’impennata devastante: la somma Cigo, Cigs e Cig, come detto, dà un valore pari a 32 volte quello registrato a gennaio-maggio 2019. Con valori superiori alla media regionale a Gorizia (+8.400%), Udine (+4.900%) e Trieste (+3.700%), mentre Pordenone mostra un’apparente maggiore tenuta (+1.800%). In realtà, però, le differenze tra i territori sono poco significative, perché le due annate sono semplicemente incomparabili.
48.000 FERMI, REDDITO -2.500 EURO
Sono i valori assoluti, più che il confronto tra il prima e il dopo Covid, il vero parametro su cui ragionare. E quei valori, rileva l’analisi di Lavoro&Welfare, dicono che le ore totali di Cig autorizzate finora in Fvg equivalgono a un’assenza completa di attività produttiva, in caso di pieno utilizzo della cassa autorizzata, per oltre 48 mila lavoratori, su una platea complessiva di circa 320mila lavoratori dipendenti.
Ben 5,3 milioni le ore lavorative perse, sempre nell’ipotesi di pieno utilizzo della cassa (il tiraggio effettivo, in realtà, sarà inferiore alle richieste). Pesanti anche gli effetti sul reddito. La copertura offerta dalla Cig, infatti, è solo parziale.
I lavoratori interessati, nell’ipotesi di stop a zero ore, hanno già perso 121 milioni complessivi di reddito al netto delle tasse, pari a una media di 2.500 euro a testa: circa 500 euro al mese, e non sono definibili come bruscolini. —
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