Caso Cannabis light, negozi contro Salvini: «Parla senza sapere»

Si dicono offesi dalle parole del ministro dell’Interno Matteo Salvini. Si dicono sconcertati e increduli «nel sentire accuse totalmente infondate basate sull’assoluta mancanza di conoscenza». I titolari dei negozi che vendono prodotti derivati dalla canapa in città non ci stanno a essere definiti dal vicepremier del Carroccio «centrali di spaccio e un incentivo all’uso di stupefacenti».
«Dopo i porti e gli aeroporti ora il ministro Salvini vuole chiudere i negozi di cannabis light». Un sorriso amaro quello del titolare di YouHemp, Simone Santelia, che ha aperto la sua attività in via Poscolle nel 2017. «Non ha proprio idea di che costa sta parlando – riferisce – e non ha nemmeno rispetto di imprenditori, adesso in città ci sono 6-7 negozi che vendono questi prodotti, che hanno investito e che hanno creato un indotto, persone che pagano regolarmente le tasse o gli affitti, senza contare poi il lavoro dei vari produttori. Noi vendiamo prodotti assolutamente legali. Se si vuole fare terrorismo psicologico o continuare a essere in campagna elettorale, allora questo è un altro discorso. Annunci del genere sanno solo di propaganda».
Se è una battaglia contro la droga quella che vuole fare il ministro Salvini «ha decisamente puntato il dito contro il bersaglio sbagliato. Noi siamo sottoposto a regolari controlli, magari come dappertutto qualche furbo ci sarà ed è giusto che vengano presi tutti i provvedimenti, ma non bisogna generalizzare, non è corretto».
Dello stesso parere anche Michele Cecchetto del City Jungle in via Longarone. «È chiaro che Salvini abbia detto queste cose infondate – afferma – per dirottare l’attenzione dalle altre problematiche che stanno mettendo in crisi il governo, tra indagati e corruzione. Stiamo davvero parlando del nulla, è ridicolo associare la canapa light alla droga. Per fortuna ci sono le leggi che ci tutelano e che non saranno cambiate da una dichiarazione di Salvini».
Non nasconde la rabbia Stefano Zampieri titolare del Bangi Cannabis store a Pordenone. Il punto vendita in viale Ungheria nel capoluogo friulano l’ha chiuso di recente e ora è alla ricerca di un nuovo spazio a Udine dove poter riaprire la sua attività. «Ci dobbiamo vergognare di un ministro che dichiara il falso – commenta – visto che noi vendiamo prodotti che non hanno nulla a che fare con la droga. Siamo persone che nel nostro lavoro mettiamo cuore e anima e invece siamo stati trattati come dei delinquenti. È una cosa indegna. Prima fanno le leggi e poi ci vogliono far chiudere paragonandoci ai peggiori spacciatori. Davvero sono senza parole, provo soltanto una grande indignazione».
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