Caserme dismesse, il Comune di Udine nicchia

La Cavarzerani, i depositi di via Buttrio e una palazzina adibita a uffici potrebbero essere ceduti dallo Stato a Palazzo D'Aronco, ma serve un progetto e l'assessore Giacomello teme i costi per ristrutturarli e dare loro una destinazione
Udine 10 Agosto 2014 cavarzerani Copyright Foto Petrussi / Massimo Turco
Udine 10 Agosto 2014 cavarzerani Copyright Foto Petrussi / Massimo Turco

UDINE. La caserme dismesse tornano alle città. Quelle che il Comune di Udine potrebbe ricevere a titolo gratuito a breve termine sono la Cavarzerani, oltre a una palazzina adibito a comando militare in via Stringher e a una struttura utilizzata come magazzino in via Buttrio.

Ma prendere in carico questi immobili, ristrutturarli e dare loro una destinazione è tutt’altra storia. Troppi i costi da affrontare per il restauro senza il contributo dei privati e troppe anche le spese per impedire crolli e occupazioni da parte di senzatetto nelle strutture abbandonate.

Dopo che il ministro della Difesa Roberta Pinotti ha annunciato di voler cedere ai sindaci di Milano, Torino e Roma un milione di metri quadrati di immobili per un totale di 13 complessi militari, la città di Udine che vanta la più alta concentrazione di caserme, si prepara a fare i conti con un patrimonio immobiliare difficile da gestire.

«Al momento abbiamo in carico le ex caserme Piave e Osoppo – fa il punto della situazione l’assessore alla pianificazione territoriale e urbanistica Carlo Giacomello – per la Piave c’è il discorso del polo sanitario con l’insediamento dell’hospice e i possibili ampliamenti futuri, resta da capire se la Fondazione Morpurgo abbia le risorse necessarie per finanziare l’ampliamento, altrimenti dovremo chiedere i fondi alla Regione. Quanto alla Osoppo – aggiunge – c’è già stata una manifestazione di interesse due anni fa ed entro la fine dell’estate sarà pubblicato il bando per l’assegnazione dei lotti da destinare in base a una graduatoria di punteggi per interventi di uso residenziale, di housing sociale, sportivo e commerciale oltre a una parte dedicata all’edilizia scolastica. Entro la fine dell’anno il quadro dovrebbe essere definito, vi sono già comunque imprenditori che hanno promosso una manifestazione di interesse».

Diverso il quadro che riguarda gli altri complessi militari. «Le strutture per le quali il Demanio ha manifestato disponibilità alla sdemanializzazione – osserva l’assessore Giacomello – sono principalmente la Cavarzerani, che conta su 70 mila metri quadrati di superficie edificata e alla quale sembravano interessati gli Archivi di Stato, poi c’è una decina di migliaia di metri quadrati di fabbricati adibiti a depositi e magazzini in via Buttrio poco prima dello scalo. In entrambi i casi sono in disuso da almeno una decina d’anni, si tratta di edilizia povera di immobili che necessitano di consistenti interventi di ristrutturazione, quando non di demolizioni. Diverse le condizioni della palazzina in stile Ottocento che ospitava uffici in via Stringher. Si tratta comunque di immobili che sono già stati inseriti nel Decreto del fare, in ogni caso prima di valutarne la presa in carico dobbiamo avere un progetto concreto di utilizzo che potrebbe arrivare con un concorso di idee e un bando».

Troppo onerosa una presa in carico che coinvolga solo l’ente comunale. «Da soli non possiamo permettercelo – sottolinea l’assessore, – è necessaria una partnership con i privati e ciò nonostante in un momento di crisi dell’edilizia il recupero delle aree militari è una sfida interessante dal punto di vista architettonico. Ma servono progetti e servono capitali per evitare che l’abbandono e il disuso trasformi le ex caserme in immobili fatiscenti dove anche impedire l’accesso ai barboni ha un costo».

Il crollo del tetto che si è verificato alla Osoppo dimostra come, se non si mettono in campo interventi imponenti gli ex insediamenti militari rischiano di trasformarsi in un cumulo di macerie.

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